Semaglutide e tirzepatide: la nuova frontiera dell’anti-inflammaging

Due molecole che hanno rappresentato la rivoluzionaria frontiera per il trattamento di sovrappeso e obesità, si confermano come una innovativa generazione di farmaci dotati di enormi potenzialità  in termini di prevenzione e cura di numerose patologie croniche per l’ampiezza dei loro effetti benefici  sulla salute globale e su una longevità sana.

Confortati e supportati dai robusti dati di trial clinici  a disposizione della comunità scientifica mondiale, i maggiori esperti nazionali riconosciuti dell’area endocrino-cardio-metabolica si sono incontrati a Roma in occasione del Workshop “Semaglutide  e tirzepatide: nuova frontiera terapeutica per sovrappeso e obesità, salute metabolica e antinfiammazione” organizzato con il contributo non condizionato di Eli Lilly e Novo Nordisk.

Dunque, crescono le evidenze scientifiche che ne dimostrano l’efficacia ad ampio raggio. Oltre al riequilibrio della cellula adiposa ‘disfunzionale’, al calo ponderale e al miglioramento della risposta insulinica nei pazienti con obesità, semaglutide e tirzepatide aggiungono salute globale endocrino-metabolica, riducono lo stress ossidativo e l’infiammazione sistemica cronica silente di basso grado. Fattori determinanti  nello sviluppo e nella progressione delle malattie cronico-degenerative correlate all’invecchiamento  e alla senescenza cellulare supportati dall’inflammaging, promuovendo una longevità sana.

Questa rivoluzione terapeutica apre la strada all’arrivo di molecole sempre più innovative che potrebbero ampliare le possibilità di cura anche per malattie neurodegenerative, come Parkinson e Alzheimer, e della sfera riproduttiva, non ultimi infertilità e ovaio policistico.

Invecchiamento è, in buona parte, sinonimo di infiammazione e patologie croniche associate. Inflammaging e invecchiamento si propagano da cellula a cellula, da tessuto a tessuto come una malattia infettiva. Scoprirne l’origine e le dinamiche di sviluppo e progressione è importante per ripensare all’intero approccio alla cura dei disturbi tipici della senilità. L’ipotesi è che se le patologie età-correlate condividono una medesima origine diventa possibile curarle tutte insieme, addirittura prevenirle o rallentarle. L’inflammaging, neologismo derivato da inflammation (infiammazione) e aging (invecchiamento) è considerata ad oggi un potente fattore di rischio dovuto al processo autoinfiammatorio in atto nell’organismo dopo una certa età. Che sostiene e peggiora la senescenza, e viceversa.

«L’inflammaging, termine da me coniato nel 2000 a seguito di importanti studi sui centenari, è uno stato di infiammazione cronica di basso grado, ‘sterile’, silente che si verifica con l’avanzare dell’età. E si accompagna al processo di invecchiamento e di senescenza cellulare. Uno stato infiammatorio persistente che può contribuire allo sviluppo di diverse malattie età-correlate. – spiega Claudio Franceschi, Professore Emerito di Immunologia, Università degli Studi Alma Mater di Bologna – All’origine del processo ci sono stimoli infiammatori costituiti dalla fisiologica produzione di molecola spazzatura, che i sistemi dedicati a smaltire questi scarti non riescono più ad eliminare.

Provocando l’attivazione di alcune cellule del sistema immunitario innato che attivano la reazione infiammatoria per difendere l’organismo ed eliminare la spazzatura. Semaglutide e tirzepatide, dunque, stanno dimostrando di avere un’azione antinfiammatoria importante. Potrebbero essere in grado di agire sull’inflammaging, con tutte le possibili conseguenze».

Uno dei temi più attuali su cui si sono concentrati gli esperti durante l’incontro riguarda il percorso da seguire per costruire e mantenere una longevità sana (Healthspan) e perché e come semaglutide e tirzepatide in questo senso rappresentino una vera e propria rivoluzione terapeutica. Una longevità sana si raggiunge attraverso la combinazione di strategie complementari. Prevenzione, nutrizione e stile di vita, e diagnosi predittiva per identificare fattori di rischio invisibili che predispongono a sviluppo di malattie.

«Non esiste un singolo rimedio terapeutico, ma si tratta di un ecosistema a cui dobbiamo cercare di aderire con serenità, senza esasperazioni – commenta Camillo Ricordi, Professore di Chirurgia, Direttore Cell Transplant Center e Direttore Emerito Diabetes Research Institute, Università di Miami Semaglutide e tirzepatide possono offrire un’altra opportunità, per darci la possibilità di rinnovare il nostro impegno ad aderire ai principi che ho ampiamente discusso nel libro “Il codice della longevità sana”. Abbiamo già utilizzato da un decennio questi farmaci come terapia complementare nei trapianti di isole per trattare i casi più gravi di diabete.

È stato dimostrato che i GLP-1 RA (receptor agonist) non solo riducono l’infiammazione e migliorano la salute delle cellule beta del pancreas che secernono insulina. Ma hanno anche un ruolo immunomodulante che può aiutare a prevenire episodi di rigetto delle cellule trapiantate. Ora si stanno affacciando molecole ancora più potenti e promettenti. Fra queste retatrutide, triplo agonista simultaneo dei recettori di GLP-1, GIP e glucagone. Che in studi clinici iniziali ha mostrato riduzione del peso fino al 24% in soggetti con obesità non diabetica. Gli analoghi dell’amilina a lunga durata d’azione, come cagrilintide da sola o in associazione a semaglutide e tirzepatide. Sono anche in studio formulazioni orali e nuove vie di somministrazione per accrescere l’aderenza e l’accessibilità a questi e a molti altri farmaci in arrivo».

Oltre 2,2 milioni di giovani in Italia presentano problemi di sovrappeso o sono obesi. Tra le cause, lo stile di vita non sano, su una società sempre più sedentaria che rischia di perdere l’efficienza delle funzioni motorie, la scarsa consapevolezza ed educazione verso la sana alimentazione, l’eccesso di grasso. E sui fattori culturali stigmatizzanti e radicati nel nostro Paese. Mentre il sovrappeso va trattato con la dieta alimentare, sana e adeguata alle necessità caloriche dell’individuo, e associata al movimento, l’obesità grave merita un’attenzione speciale.

«Alle prime due strategie va associata obbligatoriamente la terapia farmacologica. Infatti un bambino/adolescente gravemente obeso ha il 90% di rischio di sviluppare attorno ai 20-30 anni le complicanze più serie che l’obesità porta con sé – sottolinea Marco Cappa, Professore di Pediatria, Responsabile Unità di Ricerca Terapie innovative in Endocrinologia Ospedale Bambino Gesù, IRCCS di Roma – Ben vengano quindi i nuovi farmaci come le incretine per poter prevenire le pericolose comorbidità obesità correlate. È necessario identificare le categorie più a rischio e intervenire precocemente con questi farmaci per contrastare l’evoluzione della malattia.

Semaglutide e tirzepatide agiscono sul centro della fame, inducendo sazietà. Aumentando la sensibilità all’insulina e una concomitante riduzione della massa grassa. Le evidenze dimostrano che queste incretine possono avere un ruolo importante all’interno del nucleo famigliare disfunzionale sotto il profilo alimentare. Inducendo, se correttamente utilizzate e sotto stretto controllo dello specialista, una sorta di ‘rieducazione’ alla sana alimentazione e all’attività fisica».

Il dibattito attorno a semaglutide e tirzepatide continua. Ma quello che preoccupa i medici è la richiesta pressante di utilizzo scorretto di questi farmaci da parte di persone che non rientrano nel target specifico di trattamento. Ben definito dalle indicazioni approvate dall’Agenzia Italiana del farmaco (AIFA). Un altro problema da risolvere è la democratizzazione dell’accesso e la sostenibilità economica di queste strategie farmacologiche per la popolazione e per i sistemi sanitari.

«L’obesità è una malattia, il forte substrato biologico che ne è all’origine è ormai ampiamente dimostrato. Con un enorme impatto clinico, psicologico e sociale sull’individuo. Ma che rischia di far saltare i sistemi sanitari nazionali. Perché non vi è organo e/o apparato dell’organismo che nel lungo periodo venga risparmiato dagli effetti dannosi dell’eccesso di grasso disfunzionale non sano – conclude Paolo Sbraccia, Direttore Centro Obesità Policlinico di Roma Tor Vergata – L’utilizzo di semaglutide e tirzepatide, dotati di una buona/ottima efficacia a seconda della risposta individuale, buone tollerabilità e sicurezza, che influenzano positivamente la salute del cuore, delle arterie, del fegato e dei reni, potrebbe forse produrre un certo cambiamento culturale. Inteso come educazione e spinta a un più sano stile di vita e alimentazione corretta.

Resta da superare l’ostacolo all’accesso a queste terapie. Questo è uno di quei casi in cui l’innovazione non riesce a coniugarsi con la sostenibilità del SSN. Ma qualcosa cambierà. A livello politico e regolatorio si stanno facendo numerosi passi necessari volti ad individuare le priorità per questa importante patologia. Tuttavia, è bene ricordare che questi farmaci, proprio per la loro potente e ampia efficacia, vanno assunti solo dopo una attenta valutazione clinica dell’obesità da parte dello specialista. E sotto un rigoroso e continuo controllo prolungato nel tempo». 

 

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