Sviluppata da Roche la prima immunoterapia oncologica sottocute: la somministrazione in soli 7 minuti

Quanto pesa a un paziente oncologico sottoporsi a un trattamento di infusione endovenosa? È una terapia indispensabile ma che, inevitabilmente, genera stress, ansia, preoccupazione. Poter ridurre il tempo che passa in ospedale per la terapia (in genere dai 30 ai 60 minuti) migliora anche la sua qualità di vita. E quella delle persone che lo circondano.

Per questo, la prima immunoterapia oncologica sottocute, atezolizumab, sviluppata da Roche, che con una somministrazione in soli 7 minuti,  offre nuove prospettive per pazienti, caregiver e Sistema Sanitario, è un passo avanti enorme. 

Il  tempo di trattamento si riduce dell’80%, ma non solo.  La  nuova formulazione dell’anticorpo monoclonale atezolizumab offre significativi vantaggi in un contesto in cui i bisogni di assistenza per le patologie oncologiche sono in aumento, migliorando l’esperienza e la relazione di cura, la qualità di vita dei pazienti e dei caregiver e l’efficienza del Sistema Sanitario.

Nell’ambito del tumore al polmone, atezolizumab viene utilizzato nell’immunoterapia di prima linea del carcinoma a piccole cellule in fase avanzata insieme alla chemioterapia, nell’immunoterapia singola di prima linea per pazienti con altre varianti della malattia e nella terapia adiuvante dopo chirurgia in alcune categorie di pazienti. – dichiara Filippo de Marinis, Presidente AIOT (Associazione Italiana di Oncologia Toracica) e Direttore Divisione di Oncologia Toracica, IRCCS Istituto Europeo di Oncologia di Milano – L’autorizzazione di AIFA permette ora la somministrazione sottocute di atezolizumab in 7 minuti, creando un vantaggio in termini di semplificazione sia per il paziente che per la struttura sanitaria, perché garantisce una maggiore efficienza e sostenibilità gestionale, rendendo il trattamento più compatibile con le dinamiche del day hospital. I risultati dello studio IMscin001 e IMscin002 hanno dimostrato la stessa efficacia e sicurezza della formulazione sottocute rispetto a quella endovena, con una forte preferenza dei pazienti e degli operatori sanitari”.

Lo studio IMscin002, inoltre,  ha evidenziato che la maggior parte dei pazienti oncologici preferisce l’iniezione sottocutanea all’infusione endovenosa. “I grandi vantaggi dell’utilizzo del trattamento si riscontrano  in termini di preferenza del paziente e di organizzazione del Sistema Sanitario. Il 71% dei pazienti preferisce la modalità sottocute trovandola più confortevole e meno invasiva – spiega Federico Cappuzzo, Direttore di Oncologia Medica 2, Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma – D’altro canto, anche le strutture sanitarie possono trarre enormi benefici da questa opzione. Grazie al tempo di somministrazione, che è molto più breve rispetto all’infusione endovenosa, è possibile trattare un numero maggiore di pazienti. Questo non solo migliora l’efficienza organizzativa, ma risulta essere un aspetto molto apprezzato dai pazienti stessi, che traggono vantaggio da un trattamento più rapido e meno impegnativo”.      

Tra i tumori trattabili con atezolizumab sottocute c’è anche il carcinoma epatocellulare. Il tumore al fegato è il nono tumore per incidenza in Europa e solo in Italia ci sono più di 33.000 persone che convivono con questa malattia. La gestione di questa neoplasia richiede un approccio multidisciplinare. Per i pazienti con epatocarcinoma negli stadi più avanzati di malattia l’arrivo di una innovativa terapia negli ultimi anni ha rivoluzionato il loro trattamento con risultati fino a pochi anni fa impensabili in termini di risposta al trattamento e tollerabilità. Il limite è che la terapia combinata richiede un lungo tempo per i pazienti. L’arrivo della somministrazione sottocutanea rappresenta un cambiamento per la qualità di vita dei pazienti che vedono una riduzione del tempo di cura. – Massimo Iavarone, Professore Associato di Gastroenterologia dell’Università degli Studi di Milano – La diminuzione dei tempi rappresenta un vantaggio non solo per i pazienti, ma permette di trattare più persone, circa il 50% in più, in una sola giornata. Se si considera, inoltre, il benessere dei pazienti, soprattutto per coloro che devono eseguire trattamenti combinati, poter effettuare una sola somministrazione endovenosa ed una sottocutanea può rappresentare un miglioramento, poiché questo tipo di trattamento è meno invasivo e più tollerabile”.

A beneficiare di questa innovazione tecnologica è anche la relazione di cura. “Richiedendo pochi minuti, la somministrazione sottocute permette all’infermiere di concentrarsi interamente sul paziente, favorendo ascolto, dialogo e un rapporto più umano. Il trattamento può essere, inoltre, dispensato in spazi più riservati rispetto alle tradizionali poltrone infusionali e questo rende l’esperienza meno stressante e più confortevole – spiega Gianluca Falcone, Infermiere SSD Oncologia Medica, AOU Policlinico “L. Vanvitelli” di Napoli – L’organizzazione all’interno dei Day Hospital diventa più snella ed efficiente e questo cambiamento genera ulteriori benefici anche per caregiver e familiari, riducendo il peso degli aspetti tecnici e regalando tempo prezioso da dedicare alla vita e agli affetti”.

L’impatto sul miglioramento della qualità di vita rappresenta certamente un aspetto di grande valore nella prospettiva del paziente. “Sostenere la qualità della vita è di centrale rilevanza per la cura dei malati oncologici. Lo ha chiaramente sancito  nel 2021 la Commissione EU, lanciando la Mission on Cancer che si basa su tre Pilastri: prevenire tutto il prevenibile, ottimizzare diagnostica e trattamenti, migliorare la qualità della vita, anche per assicurare alle persone guarite dal cancro il ritorno all’attività produttiva,  – Francesco De Lorenzo, Presidente Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (FAVO) – I malati di cancro si aspettano,  al più presto, dalla ricerca farmacologica più farmaci innovativi, una riduzione degli effetti collaterali ed anche una semplificazione delle modalità della somministrazione. La recente approvazione di atezolizumab rappresenta un passo avanti in questa direzione”.

“Siamo di fronte ad uno scenario in cui le patologie oncologiche mostrano una tendenza all’aumento: le stime prospettano che ci saranno 27,5 milioni di casi nel mondo entro il 2040. Grazie alle innovazioni terapeutiche introdotte, molti pazienti sopravvivono più a lungo e questo comporta un approccio diverso e più articolato da parte dei sistemi sanitari, incluso quello italiano.  dichiara Anna Maria Porrini, Direttore Medico Roche Italia – Numerosi farmaci antitumorali prevedono oggi una somministrazione endovenosa, che richiede tempo e una specifica gestione all’interno degli ospedali. Per questo, in Roche stiamo focalizzando gli sforzi della nostra ricerca non solo sulla scoperta di nuove molecole ma anche sull’innovazione tecnologica, tra cui lo sviluppo di nuove formulazioni sottocute, che possono contribuire a migliorare l’esperienza di cura, sia dalla prospettiva dei pazienti che degli operatori e delle organizzazioni sanitarie”.

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