Nei pazienti fragili anticorpi monoclonali e trattamento precoce sono l’arma in più contro il Covid 19

Da pandemia a endemia. Il Covid oggi fa meno paura. Ma non bisogna abbassare la guardia. Non c’è stagione che tenga, non ci sono certezze assolute. E dunque, l’attenzione deve restare sempre ferma su questa infezione. Dati alla mano, in  Italia  ci sono circa 30 morti al giorno per infezioni da SARS-CoV-2. E dunque circa 212 alla settimana. 

Tuttavia, i rischi  per i soggetti fragili non sono terminati. Ecco perché la comunità scientifica per questi pazienti ad elevato rischio di progressione verso forme gravi di Covid 19 raccomanda una terapia precoce dell’infezione mediante anticorpi monoclonali. In particolare, il National Institute for Health and Care Excellence (Nice) ha raccomandato l’utilizzo di un anticorpo monoclonale, sotrovimab, per i pazienti con più alto rischio di sviluppare una malattia grave e per i quali siano controindicate altre opzioni terapeutiche. Una terapia che è in grado di “raggiungere” tutte le nuove varianti. 

 Se ne è discusso a Roma durante l’incontro “mAbs nell’Early Treatment. Controversie e consensi nel paziente fragile con Covid-19: non creiamo anticorpi”, promosso da GlaxoSmithKline.

“Il trattamento precoce con anticorpi monoclonali e antivirali rappresenta a tutt’oggi la strategia più efficace insieme alla vaccinazione per prevenire l’ospedalizzazione, le complicanze e il decesso per Covid. Diverse condizioni sia anagrafiche che cliniche sono state correlate con il rischio di progressione della malattia. Nella pratica clinica è comunque spesso complicato riuscire a classificare in maniera precisa la vulnerabilità e il grado di rischio dei singoli pazienti. – spiega Massimo Andreoni, Direttore scientifico Società Italiana di Malattie Infettive e tropicali- Simit.

Nel momento iniziale della pandemia sono stati infatti identificati come fattori di rischio l’età avanzata, il sesso biologico maschile e l’obesità. Oltre a questi fattori, caratterizzanti le prime fasi pandemiche, sono state definite altre condizioni legate al carico delle comorbosità, che hanno consentito di identificare tipologie di pazienti a maggior rischio di sviluppare malattia grave. Preoccupano infatti le patologie che colpiscono il sistema immunitario in modo diretto (come la neoplasia ematologica, impiego di chemioterapia o immunosoppressione iatrogena) o indiretto (come l’insufficienza renale), che possono determinare di per sé un incremento del rischio di ospedalizzazione e malattia grave da COVID-19 e di prognosi infausta.

Ecco perché la comunità scientifica per questi pazienti ad elevato rischio di progressione verso forme gravi di Covid 19 raccomanda una terapia precoce dell’infezione mediante anticorpi monoclonali. Qual è, in pratica, il vantaggio? Rispetto ai farmaci antivirali questo farmaco blocca l’ingresso del virus prima dell’entrata nella cellula dell’ospite, e induce potenzialmente l’attività citotossica anticorpo-dipendente nel caso le cellule vengano infettate. Gli ulteriori vantaggi riguardano la possibilità di essere utilizzati anche in soggetti con politerapia in quanto le interazioni farmacologiche sono pressoché assenti.

In particolare, in Italia è attualmente disponibile un anticorpo monoclonale per il trattamento precoce dell’infezione da SARS-CoV-2, sotrovimab. Proprio recentemente, il National Institute for Health and Care Excellence (Nice) è intervenuto raccomandando l’utilizzo di questo anticorpo monoclonale per i pazienti con più alto rischio di sviluppare una malattia grave e per i quali siano controindicate altre opzioni terapeutiche.

Un’infezione da Covid, quando non asintomatica, può dare luogo a malattia lieve, moderata o severa. I pazienti eleggibili al trattamento con sotrovimab sono proprio questi ultimi. È inoltre necessario, secondo le raccomandazioni dell’Aifa, non avere contratto il virus da più di 7 giorni, avere un’età superiore a 12 anni, con un peso oltre 40kg, non essere ospedalizzato e in ossigenoterapia supplementare. Devono inoltre essere presenti sintomi di grado lieve-moderato e ad alto rischio di progressione a malattia severa. In tutti questi casi è necessario contattare tempestivamente il medico di medicina generale o lo specialista di riferimento.

“L’impiego degli anticorpi monoclonali (mAbs) è ormai una efficace realtà terapeutica in diversi contesti, in particolare nelle malattie infiammatorie ed in emato-oncologia – chiarisce Giovanni Di Perri, Direttore del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Ospedale Amedeo di Savoia di Torino- Oggi l’uso terapeutico ed anche preventivo dei mAbs in malattie infettive ha ricevuto un recente impulso dalla pandemia di infezione da SARS-CoV-2, in quanto la terapia a base di mAbs è stata la prima a posizionarsi come trattamento precoce nelle prime fasi dell’infezione, Nella realtà dei fatti, per alcuni mAbs, quali il sotrovimab, il parallelismo fra test di laboratorio ed efficacia clinica ha mostrato significativi limiti, in quanto lo stesso sotrovimab in studi post-marketing (fase IV) è risultato efficace in terapia precoce ad onta di risultati negativi nei test “in vitro”. Proprietà accessorie del farmaco in oggetto, quali la lunga permanenza in circolo ad alte concentrazioni, la diffusibilità nell’interstizio polmonare e le funzioni di cooperazione con l’immunità cellulare ci rendono conto di un’efficacia complessiva ancor oggi di garanzia nella terapia precoce dell’infezione da SARS-CoV-2 in pazienti a rischio di evoluzione.”

“La variabilità delle sottovarianti di Omicron ha reso non sempre facile e scontato definire con chiarezza l’efficacia degli anticorpi monoclonali contro il SARS CoV-2 – osserva Carlo Federico Perno, direttore di microbiologia e diagnostica di immunologia all’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù di Roma – Tuttavia, a fronte della perdita di efficacia di molti di essi, alcuni monoclonali hanno mantenuto un effetto significativo anche nei confronti delle più recenti sottovarianti del virus, comprese quelle circolanti in prevalenza in Italia. Tra di essi, sotrovimab sembra essere quello a maggior efficacia. Sotrovimab inoltre ha un profilo farmacologico e farmacocinetico tale da renderlo un’opzione alquanto valida nel presente contesto virologico e clinico, considerando sia la sua lunga emivita (importante soprattutto per il mantenimento di un effetto continuato in pazienti fragili, quelli che più si giovano e si gioveranno delle terapie antivirali) che la capacità di stimolare una risposta immunitaria che coadiuva quella dell’organismo e che potenzia, tramite due meccanismi cellulari, la rimozione e inattivazione del virus. L’insieme di queste caratteristiche rende sotrovimab un anticorpo monoclonale ancor oggi da tenere in alta considerazione nel trattamento dell’infezione da SARS CoV-2”.

 

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