È una malattia epatica autoimmune, rara e progressiva, che danneggia i piccoli dotti biliari. E che, se non trattata adeguatamente, può causare gravi danni al fegato. Col tempo, infatti, può portare a fibrosi e cirrosi epatica o, nella fase terminale della malattia, alla necessità di trapianto di fegato e morte. La Colangite Biliare Primitiva (CBP) si manifesta prevalentemente tra i 45 e i 65 anni e nove pazienti su dieci sono donne.
In Italia, la prevalenza della PBC è stimata in 27,9 casi per 100 mila abitanti, con un’incidenza annuale di 5,31 casi ogni 100.000 abitanti. Alla diagnosi si arriva attraverso test biochimici, sierologici e talvolta istologici, spesso in assenza di sintomi specifici. La prognosi sta migliorando grazie a diagnosi più precoci e ad un inizio del trattamento più tempestivo. Sebbene tale riscontro non sia presente egualmente su tutto il territorio nazionale.
****
LA NOTIZIA IN UN MINUTO
Tuttavia, le complicanze legate alla diagnosi tardiva, in pazienti nei quali la patologia è già evoluta verso la cirrosi, sono associate a una prognosi sfavorevole e ad una ridotta aspettativa di vita.
I sintomi più comuni comprendono fatigue e prurito, che possono interessare fino all’80% dei pazienti. Sintomi all’apparenza aspecifici ma, se sottovalutati, possono diventare gravemente debilitanti. Con un impatto negativo sulla qualità di vita delle persone affette da questa patologia. Attualmente, le terapie disponibili per il trattamento della PBC mirano a rallentare la progressione della malattia. Oggi l’UDCA è l’unico farmaco rimborsato per il trattamento in prima linea. E per quel 20% di pazienti che non risponde in modo adeguato è disponibile elafibranor come terapia di seconda linea.
Ecco perché è necessaria sempre di più una diagnosi precoce, ma anche l’integrazione dei percorsi di diagnosi e cura tra ospedale e territorio. E un pieno accesso alle innovazioni terapeutiche. Di questi punti chiave si è discusso a Roma nel corso del meeting “Sostenibilità e Innovazione nella Colangite Biliare Primitiva: verso un modello di presa in carico efficiente e più vicino al paziente”. Organizzato alla Fondazione Sturzo di Roma dall’Italian Health Policy Briefing (IHPB).
Incontro nel corso del quale Uno Scientific and Advocacy Network composto da società scientifiche (AISF, SIMG), associazioni dei pazienti, mondo accademico e dell’advocacy, rappresentanti dei sistemi sanitari regionali ha presentato il primo Manifesto Sociale sulla PBC (dall’acronimo inglese Primary Biliary Cholangitis). Per dare evidenza delle principali difficoltà cui è urgente dare risposta. Al fine di arrivare a un modello di presa in carico efficace e rapido per le persone che vivono con la colangite biliare primitiva.
“È un periodo di grandi novità per le persone affette da PBC – dice il Professor Pietro Invernizzi – Direttore Scientifico Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori, European Reference Network (ERN) RARE-LIVER Center, Professore ordinario di Gastroenterologia Università di Milano Bicocca e Coordinatore della Commissione Malattie Rare AISF – La conoscenza della malattia è migliorata e oggi la diagnosi è più tempestiva ed accurata. Importante è stata l’attività di un’ampia comunità di epatologi esperti della PBC che recentemente ha anche ricevuto un importante supporto dal programma PNRR finalizzato a strutturare delle reti regionali collegate tra loro in una rete nazionale. Con la finalità di migliorare la competenza nella diagnosi e nella gestione anche a livello di centri epatologici e di medicina generale di primo livello. Il lavoro di squadra ci sta permettendo di portare avanti progetti di ricerca di valore sulla malattia”.
L’incontro , infatti, ha sottolineato l’importanza di una più organica integrazione ospedale-territorio che possa favorire la presa in carico del paziente. Anche mediante un approccio multidisciplinare.
“Una presa in carico – ha dichiarato il Professor Edoardo Giovanni Giannini – Professore ordinario di Gastroenterologia presso l’Università di Genova, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Clinica Gastroenterologica dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova, Componente della Commissione Malattie Rare di AISF – che non solo faciliti la precoce identificazione dei pazienti, ma che sia anche concepita nella logica di garantire un accesso alle cure adeguato alla condizione del malato.Attraverso una collaborazione tra medico di medicina generale e specialisti operanti in strutture di riferimento, prevedendo una gradualità di presa in carico che includa cure di prima linea e cure di seconda linea”.
Importanti indicazioni sono anche pervenute dal mondo advocacy, specie in relazione alla necessità che le risposte sanitarie possano essere sempre più incisive e produttive grazie al ricorso a strumenti e metodologie di lavoro innovativi: telemedicina e teleconsulto. In grado di facilitare la relazione a distanza tra paziente, medico di medicina generale e centro di riferimento. Una sottolineatura cui si è aggiunta la raccomandazione del Dott. Ivan Gardini, Presidente EPAC , che a proposito del riconoscimento della PBC come malattia rara anche in Italia, ha sottolineato che è “una soluzione che consentirebbe l’accesso a una serie di benefici e semplificazioni. Tra le quali il più rapido inserimento dei farmaci nei prontuari regionali, la disponibilità di risorse per la ricerca, i finanziamenti alle associazioni e alle reti di centri specialistici che devono essere formalizzati e ben mappati sul territorio”.
“…Come AMAF APS, da sempre al fianco dei pazienti, desideriamo evidenziare con forza un aspetto. La diffusione capillare delle conoscenze sulla PBC – ha concluso Il Presidente di AMAF APS Davide Salvioni – Fattore chiave per permettere una maggiore equità di cura su tutto il territorio nazionale. Non possiamo accettare che la qualità dell’assistenza dipenda dalla regione o dalla struttura in cui ci si trova. Un’informazione capillare e aggiornata, rivolta sia ai professionisti sanitari che ai pazienti stessi, è fondamentale per una diagnosi precoce, un accesso tempestivo alle terapie e una gestione ottimale della malattia, ovunque ci si trovi in Italia. Questa iniziativa segna un passo cruciale verso una sanità più inclusiva e responsiva. Ci auguriamo che il Manifesto sia un’occasione per un dialogo costruttivo e per azioni concrete che mettano sempre più al centro la persona con PBC.”
Un confronto dal quale sono di fatto scaturite alcune parole d’ordine che dovrebbero essere alla base di una più incisiva risposta sanitaria alla PBC:
- Informazione e formazione per la consapevolezza di medici e pazienti
- Tempestività diagnostica, prerequisito per evitare e contenere le complicanze
- Integrazione ospedale-territorio
- Presa in carico multidisciplinare del paziente
- Innovazione, sul piano terapeutico e delle dotazioni tecnologiche
- Riconoscimento pratico della PBC come malattia rara