Pasta: la scelta plant-based per gli atleti

Parola di Filippo Magnini, due volte campione del mondo nei 100 metri stile libero. “Senza carboidrati rendevo meno, la pasta è stata sempre la mia benzina. La pasta ha sempre fatto parte della mia alimentazione e nei periodi di gara ne mangiavo anche a pranzo e cena, spesso oltre mezzo chilo al giorno. Solo nei momenti di pausa o recupero la riducevo a 80-100 grammi per pasto. Ma non l’ho mai eliminata del tutto, specie durante le gare. Perché senza la giusta ‘benzina’ la ripartenza era più faticosa

E a confermare il ruolo fondamentale della pasta nella dieta, degli sportivi, ma non solo, è uno studio dell’Università di Milano.  Una dieta mediterranea con regolare consumo di pasta, infatti,  ha effetti favorevoli su forza e composizione corporea in chi pratica sport, senza effetti negativi sui parametri clinici.

Da qui, dunque l’appello dei nutrizionisti: “No alla carbofobia nell’alimentazione sportiva. Alimenti fonte di carboidrati come la pasta contribuiscono al benessere e al miglioramento delle performance di milioni di sportivi che rischiano di compromettere i loro obiettivi (e salute) seguendo mode alimentari prive di fondamento scientifico.”

E così, da ben 50 anni,  ossia dai  Giochi Olimpici di Montréal 1976,  la pasta ha fatto il suo ingresso ufficiale nel mondo dell’alimentazione sportiva. Spodestando la “dieta del marine” iperproteica fino ad allora dominante nella nutrizione sportiva. E rivoluzionando le abitudini alimentari degli atleti.

 Ma in Italia la pasta e i carboidrati restano ancora vittime di luoghi comuni e mode estreme. 

Lo dimostra un recente studio italiano effettuato dai nutrizionisti del Dipartimento di Scienze per gli Alimenti, la Nutrizione e l’Ambiente insieme ai fisiologi di scienze motorie dell’Università di Milano. Il gruppo di ricerca ha osservato i comportamenti alimentari di oltre 60 atleti non professionisti, scoprendo un quadro tutt’altro che virtuoso: consumo insufficiente di frutta, verdura, legumi e cereali soprattutto integrali, scarso uso di olio d’oliva. E un ricorso eccessivo a proteine animali e carni trasformate…

E un forte pregiudizio verso l’introduzione di carboidrati in generale, ritenuti spesso (erroneamente) responsabili di peggioramenti nella composizione corporea. Lo studio, pubblicato sull’International Journal of Food Sciences and Nutrition, ha poi sottoposto alcuni partecipanti ad un’alimentazione mediterranea con almeno 5 porzioni di pasta alla settimana. Dimostrando che questo modello risultava migliore per effetto su forza muscolare e massa grassa se paragonato ad uno con quantità inferiori di carboidrati e pasta.

Dello studio e di altre prove concrete a favore del binomio pasta&sport, si è parlato durante il nuovo appuntamento del ciclo di incontri “Let’s Talk About Food & Science” promosso dal Gruppo Barilla che ha visto la partecipazione di esperti di nutrizione e campioni sportivi.

Secondo Patrizia Riso, responsabile dello studio e Professore Ordinario di Nutrizione Umana dell’Università degli Studi di Milano “anche chi fa sport abitualmente, come gli studenti in Scienze Motorie che hanno partecipato alla nostra ricerca, tende a sottovalutare il valore degli alimenti fonte di carboidrati in generale e della pasta in particolare come carburante per la performance. Quando abbiamo effettuato l’intervento dietetico per 8 settimane con due diete di tipo mediterraneo – una ricca di carboidrati (55-60% dell’energia, ≥5 porzioni di pasta settimanali) e una più bassa in carboidrati (40-45%, ≤2 porzioni di pasta a settimana), abbiamo dimostrata che la versione ‘high-carb’ aveva effetti più favorevoli su forza e composizione corporea. Senza effetti collaterali o scompensi nei parametri ematici.”

“In sintesi – conclude Patrizia Riso- il consumo regolare di alimenti fonte di carboidrati complessi come la pasta, se ben bilanciato e parte di un modello mediterraneo naturalmente ricco di prodotti di origine vegetale, non ostacola il raggiungimento degli obiettivi sportivi. Al contrario, può contribuire a migliorare lo stato di nutrizione, la performance e il benessere.”

Definisce il valore alimentare della pasta anche l’ultima revisione dei LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana) redatti dalla Società Italiana di Nutrizione Umana. Che propone per la prima volta una sezione interamente dedicata alla popolazione attiva e sportiva. Confermando che anche l’alimentazione sportiva deve ispirarsi alle caratteristiche fondamentali della dieta mediterranea che prevede almeno il 45-60% dell’energia totale giornaliera derivante dai carboidrati.

“I carboidrati restano protagonisti dell’alimentazione sportiva, ovviamente con le dovute proporzioni – afferma Michelangelo Giampietro, specialista in medicina dello sport e scienza dell’alimentazione. “Le indicazioni per la popolazione generale valgono anche per la quasi totalità degli sportivi amatoriali. E cioè un apporto giornaliero di carboidrati ben superiore a 2 grammi per chilo di peso corporeo desiderabile. Preferibilmente complessi (come quelli della pasta), e ben distribuiti durante la giornata.”

Nel caso degli sportivi d’élite, questi valori crescono in proporzione alla durata e all’intensità dello sforzo muscolare. Arrivando a 6-10 grammi per chilo al giorno per chi si allena da una a tre ore quotidiane. Fino a toccare addirittura i 12g/kg per atleti che si preparano per attività estreme come la maratona, il triathlon o il nuoto di fondo.

“Stupisce che nonostante le evidenze scientifiche e nutrizionali molti attacchi alla dieta mediterranea arrivino proprio dal mondo dello sport – spiega Giampietro – Da chi propone modelli iperproteici come la dieta a zona o iperlipidici come la chetogenica, che invece non sono adatti a sostenere prestazioni atletiche di qualità”.

Il nostro organismo, infatti, è in grado di immagazzinare solo limitate quantità di carboidrati sotto forma di glicogeno nei muscoli e nel fegato. Ma se l’apporto è insufficiente  le scorte non si realizzano pienamente e, quindi, si esauriscono rapidamente. “I risultati? Maggior senso di fatica, calo della prestazione e minore concentrazione e capacità di aumentare la velocità nelle fasi finali delle corse – conclude l’esperto – Una dieta ricca di carboidrati, invece, migliora la qualità dell’esercizio. E la capacità di prolungare nel tempo il lavoro muscolare. E a tutti i livelli: dall’amatore all’atleta di alto livello”.

La pasta ha un profilo nutrizionale ideale per chi pratica sport. Apporta carboidrati complessi a lento rilascio, proteine vegetali , vitamine del gruppo B e minerali come il potassio, il tutto con una quota minima di grassi. “Nell’immaginario collettivo, un piatto di pasta viene ancora visto come un ‘carico di zuccheri’ che finisce dritto in grasso – spiega Elisabetta Bernardi, nutrizionista dell’Università di Bari e divulgatrice scientificama si dimentica che 100 g di pasta cotta apportano solo 175 kcal, meno di tanti contorni light conditi generosamente”. 

Oltre a fornire energia prima dell’attività fisica, la pasta è fondamentale nel recupero post-allenamento riducendo anche l’incidenza di infortuni e danni muscolari da sovraccarico.Recuperare senza carboidrati – osserva Bernardiè come avere un muratore con una pila di mattoni perfetti (le proteine) ma senza cemento per unirli. Le diete low-carb invece non aiutano chi fa sport. Rallentano la sintesi proteica e amplificano la cosiddetta ‘finestra catabolica’.”

Nel modello delle “4R” (Rehydrate, Refuel, Repair, Rest), riconosciuto dal Comitato Olimpico, i carboidrati giocano un ruolo centrale. Dopo 60-90 minuti di esercizio intenso, le scorte di glicogeno si riducono fino al 60%. “È lì che serve una ricarica intelligente – spiega Bernardi – E un piatto di pasta ben costruito con un condimento mediterraneo è la risposta. Come i fusilli con ricotta e limone , che offrono proteine assimilabili. O pasta e lenticchie, un pasto completo a basso carico glicemico. E anche la classica pasta al ragù, che non si associa nell’immediato allo sport, unisce carboidrati, aminoacidi essenziali e ferro.”

C’è poi l’aspetto psicologico, spesso trascurato. “Il cibo è anche piacere e condivisione – conclude Bernardi – e per chi vive sotto pressione, come molti sportivi, mantenere la dimensione gratificante del pasto è fondamentale. Studi mostrano che i pasti condivisi migliorano aderenza alla dieta mediterranea e performance. Riducendo anche ansia e depressione del 30-40%”. E un piatto come la pasta, che piace a tutti, può davvero fare la differenza.”

 

Torna in alto