IL FUMO FA MALE ANCHE ALLE ARTICOLAZIONI

Che il fumo faccia male è ormai cosa nota. Che il fumo provochi patologie cardiovascolari, polmonari e diversi tipi di tumore lo è altrettanto. Ma c’è una cosa che forse non tutti sanno. Il fumo è anche un importante fattore di rischio per la comparsa e la progressione di molte malattie reumatologiche. Per questo, in occasione della Giornata Mondiale senza Tabacco (31 maggio), la Società Italiana di Reumatologia (SIR) richiama l’attenzione sul legame pericoloso tra il fumo di sigarette e lo sviluppo di artrite reumatoide. Ma anche di lupus, vasculiti, osteoporosi. E, ancora, di altre condizioni caratterizzate dall’infiammazione di articolazioni, muscoli e organi interni. Il fumo, infatti, stimola una risposta infiammatoria sistemica e favorisce la produzione di autoanticorpi. Alterando, in questo modo, il sistema immunitario e creando terreno fertile per l’insorgenza di patologie autoimmuni e croniche.

Il fumo: un sorvegliato speciale

Responsabile di varie disregolazioni del sistema immunitario e in grado di prolungare i suoi effetti nocivi per diversi anni, il tabacco dovrebbe essere un “sorvegliato speciale” in reumatologia. Purtroppo, però, sembra non esserlo ancora abbastanza. Secondo un’indagine condotta a livello internazionale solo il 65% dei reumatologi fornisce ai propri pazienti consigli per smettere di fumare.

L’artrite reumatoide

“Il caso dell’artrite reumatoide è il più eclatante”, afferma il professor Andrea Doria, presidente SIR. “Si ritiene che tra il 15 e il 35% delle nuove diagnosi sia dovuto al tabacco. La percentuale sale fino al 50% tra i soggetti con predisposizione genetica alla malattia. In queste persone il sistema immunitario prende erroneamente di mira un tipo particolare di proteine. Sono le cosiddette ‘citrullinate’, prodotto naturale di alcune fasi dell’infiammazione, rilasciando specifici anticorpi. Il fumo acuisce questa alterata risposta immunitaria a livello delle vie aree superiori. Causa infiammazione, aumento delle proteine citrullinate e quindi di anticorpi anti-citrullina, che sono il biomarcatore proprio dell’artrite reumatoide”.

Il lupus eritematoso sistemico (LES)

“Anche il lupus eritematoso sistemico (LES)”, prosegue l’esperto, “è fortemente correlato con il consumo di tabacco. Il rischio di sviluppare la malattia aumenta del 50% nei fumatori, soprattutto in chi è positivo agli anticorpi anti-DNA nativo. Il fumo, oltre a indurre ossidazione, alterando il DNA e facilitando la formazione di anticorpi diretti contro di esso, inibisce la fagocitosi, processo che permetterebbe di eliminare tali anticorpi. E sono molte altre le malattie reumatologiche la cui insorgenza e gravità possono essere favorite dall’abitudine alle sigarette. Come l’artropatia psoriasica, le vasculiti, soprattutto quelle anca-associate. Ma anche la sclerodermia e alcune miopatie infiammatorie idiopatiche. E poi l’osteoporosi, perché il fumo accelera la perdita di massa ossea, aumentando il rischio di fratture”.

I danni da fumo passivo

“Purtroppo”, aggiunge il professor Doria, “ci sono dati sull’esistenza di questo legame, seppur in misura ridotta, anche con il fumo passivo. Diversi studi hanno dimostrato come i bambini che vi sono esposti abbiano maggiori probabilità di sviluppare l’artrite reumatoide. Un altro aspetto preoccupante è che smettendo di fumare si riduce il proprio rischio di andare incontro a una malattia reumatologica solo dopo molto tempo. Sono necessari 5 anni per il Lupus e addirittura 30 per l’artrite reumatoide”.

“Come specialisti di riferimento per malattie fortemente influenzate dal fumo, sentiamo la responsabilità di intensificare gli sforzi per informare i nostri assistiti e le loro famiglie sui rischi legati al consumo di tabacco. Il nostro obiettivo deve essere duplice: convincere chi fuma a smettere e dissuadere chi volesse iniziare dal farlo. A questo proposito, è necessario che i centri di reumatologia dispongano di protocolli specifici per la cessazione del fumo, integrando la lotta al tabagismo nella strategia clinica quotidiana. Solo così potremo garantire un approccio terapeutico davvero completo. Un approccio che guardi non solo alla malattia, ma anche ai suoi fattori scatenanti e aggravanti”, conclude il presidente SIR.

 

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