“L’ictus cerebrale di origine sia ischemica che emorragica è un problema evidente per la sanità pubblica, oltre che per l’individuo affetto e le famiglie – spiega il professor Francesco Prati, Presidente della Fondazione Centro per la Lotta contro l’Infarto e Direttore Dipartimento Cardio-toraco-vascolare, Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata, Roma – Secondo il Ministero della Salute ed i dati pubblicati dall’alleanza cardio-cerebrovascolare, in Italia l’ictus segue solo alla cardiopatia ischemica come causa di morte, risultando responsabile del 10% circa di tutti i decessi”.
Ogni anno si registrano in Italia poco meno di 100.000 ricoveri per ictus cerebrale, di cui circa il 20% è rappresentato da recidive. Il 20-30% delle persone colpite da ictus cerebrale muore entro un mese dall’evento, il 40-50% entro il primo anno. Solo il 25% dei pazienti sopravvissuti ad un ictus guarisce completamente, mentre il 75% sopravvive, ma con qualche forma di disabilità. Di questi sopravvissuti con disabilità, circa il 50% risulta essere portatore di un deficit grave da implicare la perdita dell’autosufficienza.
L’ictus cerebrale è una entità disomogenea. Non solo per la morfologia e la dimensione dell’area lesa, che può essere minuscola come enorme, bensì anche per origine. Circa 9 ictus su 10 sono ischemici, mentre i rimanenti sono emorragici.
L’ictus ischemico è la morte di una parte del tessuto cerebrale (infarto cerebrale) dovuta a un insufficiente apporto di sangue e ossigeno al cervello in seguito al blocco di un’arteria.
Quando uno dei vasi che irrora il cervello si rompe o ha una perdita di sangue, portando ad una emorragia intracranica si ha invece l’ictus emorragico. Quest’ultima è una fuoriuscita di sangue provocata dalla rottura di un vaso arterioso o venoso che decorre nel cranio. Tra le cause principali ci sono la rottura di aneurisma cerebrale, il trauma cranico o l’ipertensione cronica incontrollata.
Quasi un quarto degli ictus ischemici– spesso originante da piccoli vasi – sono di tipo lacunare. Tra i non lacunari, comune è l’ictus cardioembolico, ma soprattutto quello di origine ignota. La causa è la formazione di un trombo all’interno della cavità cardiaca che, migrando all’interno del flusso circolatorio, arriva al cervello provocando l’occlusione dell’arteria.
Malgrado questo, un ictus criptogenetico può avere tanti indiziati e, non di rado, nessun colpevole. Le Linee Guida dell’American Heart Association e dell’American Stroke Association per la prevenzione dell’ictus in pazienti reduci da un ictus o TIA definiscono l’ictus criptogenetico come un ictus confermato di origine ignota. Questo dopo aver effettuato almeno un imaging accurato, un ecocardiogramma, un monitoraggio prolungato del ritmo cardiaco e gli esami di laboratorio quali il profilo lipidico e l’emoglobina glicosilata.
Le cause da investigare sono numerose, tra cui fibrillazione atriale occulta, trombofilia, tumori cardiaci. E la dissezione arteriosa che, nella popolazione generale, è causa di ictus ischemico in non più del 2% dei casi.
Limitando l’attenzione ai pazienti più giovani (<50 anni), questa percentuale può salire fino al 25%. L’età media alla diagnosi è intorno ai 45 anni ed è in genere anticipata lievemente tra le donne. Che però manifestano meno comunemente degli uomini questa patologia.