La qualità del sonno è fondamentale per garantire la qualità della vita. Lo è nei soggetti sani (in Italia circa 1 adulto su 4 soffre di insonnia cronica o transitoria, con una maggiore incidenza tra le donne, ossia circa il 60%), tanto più nei pazienti con Parkinson. I disturbi del sonno sono presenti in almeno il 90% dei pazienti in fase avanzata. La riduzione della mobilità, la rigidità e la nocturia condizionano addormentamento e causano frequenti risvegli.
Lo rivela un recente sondaggio lanciato dall’Associazione internazionale PD Avengers a cui hanno risposto in Italia 234 pazienti e 80 caregivers. La riduzione della mobilità, la rigidità e la nocturia (il bisogno di alzarsi, per urinare, durante la notte), sono i problemi che maggiormente condizionano addormentamento e causano risvegli frequenti, mentre una buona qualità del sonno incide favorevolmente sulla qualità di vita causando stanchezza cronica, cali dell’attenzione, aumento dell’irritabilità e degli stati emotivi depressivi, portando nel tempo problematiche di salute più gravi.
Di questo si è parlato nel corso dell’evento “Sogno di una notte di mezza estate. Nuove prospettive per i pazienti con Parkinson”, organizzato a Milano da Abbvie Italia presso i Chiostri di San Barnaba, per facilitare un confronto sul legame tra malattia di Parkinson e sonno e sulle strategie di cura. Alla tavola rotonda hanno partecipato clinici ed esperti di sonno e di malattia di Parkinson. Tra questi Pietro Cortelli, Professore Ordinario di Neurologia alla Università di Bologna, Roberto Eleopra, Direttore della SC di Neurologia 1, Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta, Roberta Zangaglia, Responsabile Unità per la Malattia di Parkinson e i Disordini del Movimento presso la Fondazione Mondino IRCSS, Ioannis Ugo Isaias, Direttore UOC Centro Parkinson e Parkinsonismi – ASST Gaetano Pini CTO, Angela Pasquariello, Farmacista Dirigente presso IRCCS Istituto Neurologico C. Besta, e Giangi Milesi, Presidente Parkinson Italia Onlus.
«Il sonno è un bisogno umano. Il riposo notturno ci aiuta a consolidare i ricordi e a rinforzare le nostre capacità cognitive. Dormire bene serve a ripulire il cervello dalle tossine prodotte dai neuroni durante il giorno, oltre che da memorie inutili -spiega Pietro Cortelli, Professore Ordinario di Neurologia presso l’Università di Bologna – La deprivazione del sonno, invece, ha conseguenze tangibili sul benessere psico-fisico dell’organismo. E se questo accade nei soggetti sani, tanto più ha conseguenze nei pazienti di Parkinson in fase avanzata che spesso non riescono a ottenere una buona qualità del sonno con le terapie tradizionali. Molti pazienti lamentano di non avere più energie già dalle prime ore del pomeriggio».
Ma le recenti innovazioni terapeutiche indicate per la malattia di Parkinson in fase avanzata rappresentano un importante passo avanti. «Le nuove terapie a disposizione agiscono laddove le terapie orali non siano più sufficienti a migliorare le fluttuazioni motorie. La sfida adesso sarà garantire a tutti i pazienti, nelle diverse Regioni d’Italia, un accesso omogeneo alla cura. L’innovazione terapeutica è destinata a migliorare in modo significativo la qualità di vita, incluso il sonno, dei pazienti e dei caregiver familiari, chiamati anche loro ad un notevole impegno sia fisico che emotivo» sottolinea Ioannis Ugo Isaias – Direttore UOC Centro Parkinson e Parkinsonismi – ASST Gaetano Pini-CTO.
Secondo quanto emerso da una ricerca Censis sui familiari dei malati di Parkinson, il 79% ha ripercussioni sul piano della propria salute. Sono soprattutto donne, impegnate in media 10 ore al giorno, nel 30% dei casi senza nessun aiuto. Questo vuol dire che i disturbi del sonno del paziente con Parkinson inevitabilmente si ripercuotono anche sul suo caregiver.
Il Parkinson è la seconda malattia neurodegenerativa più frequente al mondo e colpisce circa 6,1 milioni di persone. Causata dalla morte progressiva di alcune cellule del cervello che producono dopamina, un neurotrasmettitore che controlla i movimenti del corpo è caratterizzata da tremore, rigidità muscolare, lentezza dei movimenti e disequilibrio. «In Italia sono oltre 300 mila le persone che convivono con il Parkinson, calcolate a partire dalle diagnosi e dai trattamenti, ma tale cifra non considera tutte le persone che negano la malattia o la nascondono. Inoltre, l’OMS ci conferma che entro il 2040 i malati potrebbero raddoppiare, considerando l’invecchiamento della popolazione e un esordio sempre più anticipato. Sembra evidente, quindi, che questa malattia sia sottostimata nel numero, nell’incidenza e nello stigma che crea. Ancora oggi il percorso per una corretta diagnosi non è semplice, eppure una diagnosi precoce permette di attivare tempestivamente una cura farmacologica “sartoriale”, perché ciascuno ha il proprio Parkinson e ha bisogno della propria cura- afferma Giangi Milesi, Presidente Parkinson Italia Onlus, che aggiunge: «Un altro passo importante che va fatto è quello di convincere i pazienti in fase avanzata, che non rispondono più alle terapie orali, che possono beneficiare di soluzioni terapeutiche innovative che permettono loro di ritrovare parte della propria quotidianità. Ci sono ancora troppe persone che si rassegnano, ma che invece possono e devono poter stare meglio, attraverso la socialità e l’attività sportiva. Anche le nuove strategie terapeutiche continuano a mantenere viva la speranza per un futuro migliore. Condifidiamo che tutti i pazienti eleggibili possano presto beneficiarne».