VULVODINIA, PATOLOGIA INVISIBILE . La DIAGNOSI PRECOCE PRIMO PASSO PER SCONFIGGERLA

Molte donne non sanno che il loro problema si chiama “vulvodinia”. Non la conoscono. Sanno soltanto che è dolorosa, e compromette seriamente la qualità di vita. Bruciore, prurito, irritazione, secchezza, gonfiore, disepitelizzazione e dispareunia, ossia dolore durante il rapporto sessuale, sono alcuni dei principali sintomi con cui può manifestarsi.

 In Italia interessa circa il 15% delle donne, ma solo il 60% di coloro che ne sono affette riesce a ricevere una diagnosi e cure adeguate. Infatti, nonostante si tratti di un disturbo largamente diffuso, la vulvodinia è ancora spesso misconosciuta e sottostimata. Ad essa è stata dedicata anche la Giornata Internazionale della Vulvodinia (International Vulvodynia Day), l’11 novembre, proprio per accendere i riflettori su questa patologia invalidante che è ancora spesso misconosciuta e sottostimata.

Spesso tutto comincia con piccoli fastidi intimi, che somigliano a quelli causati da infezioni o infiammazioni generiche, quali candida, cistite e vaginismo. Col tempo, questi primi sintomi possono aggravarsi e cronicizzare, rendendo via via sempre più difficile, talvolta persino impossibile, svolgere anche le più semplici attività quotidiane, come sedersi, camminare, accavallare le gambe, indossare dei pantaloni, andare in bicicletta, fare sport e avere rapporti sessuali. Oltre a condizionare le abitudini e la quotidianità, questa patologia può avere un impatto importante sulla psiche, le emozioni, l’autostima, le relazioni e la vita sessuale di coloro che ne soffrono.

La vulvodinia si caratterizza per la presenza di allodinia, ovvero di un dolore generato da uno stimolo che, in condizioni normali, sarebbe innocuo e incapace di provocare alcun tipo di sensazione dolorosa.

Tale percezione di fastidio o dolore può essere spontanea oppure provocata. Nel primo caso bruciori e fastidi sono perennemente presenti, mentre nel secondo insorgono in seguito a una sollecitazione: durante un rapporto sessuale, ma anche con l’applicazione di creme o col solo contatto con la biancheria intima.

Può manifestarsi sia in forma generalizzata, coinvolgendo tutta la vulva, che localizzata, quando il dolore riguarda una parte specifica. Ad esempio, si può parlare di vestibolodinia quando a essere interessato è il vestibolo vulvare, mentre la clitoralgia si verifica se il dolore è concentrato nella regione del clitoride. Esistono anche varianti miste di vulvodinia, caratterizzate dalla coesistenza di più sintomi.

Questa patologia si presenta soprattutto in età fertile, ma può comparire anche in altri periodi della vita di una donna, dalla pubertà alla menopausa. Ad esempio, la vulvodinia disestetica o essenziale è la forma più comune nel periodo post-menopausa e si manifesta con un dolore che si estende fino al retto e alla zona uretrale, oltre che vulvare.

Così come i sintomi, anche il decorso e la durata della vulvodinia possono essere variabili: può protrarsi per mesi o per anni, ma anche sparire spontaneamente e ripresentarsi in maniera del tutto casuale oppure, come nel caso della vulvodinia episodica, insorgere nuovamente a seguito di un evento traumatico.

È importante chiarire che il dolore vulvare non è sempre indicativo di vulvodinia. Spesso, può essere causato da una serie di altre condizioni, tra cui eventi traumatici, infezioni oppure problemi dermatologici, neurologici, oncologici o ormonali. Tuttavia, se il fastidio e il dolore persistono per un periodo superiore ai tre mesi senza che sia possibile identificare una causa specifica, in tal caso potrebbe trattarsi di vulvodinia” – spiega la Dottoressa Valeria Fiorenza Perris, Psicoterapeuta e Clinical Director del servizio di psicologia online e società Benefit Unobravo –  Nella maggior parte dei casi, questa condizione incide in modo significativo sulla qualità di vita delle donne che ne soffrono, influenzandone profondamente la quotidianità, le abitudini e le relazioni interpersonali, con particolari implicazioni sulla sfera sessuale, che spesso risente in modo considerevole di questa condizione. Nelle sue manifestazioni più acute, la vulvodinia può divenire invalidante, impedendo lo svolgimento di semplici azioni quotidiane e implicando la rinuncia al lavoro, alla vita sociale e alla sessualità”.  

 

La vulvodinia è una condizione complessa con un’origine multifattoriale, ancora non del tutto compresa dal punto di vista della sua progressione fisiopatologica. Ciò significa che spesso non può essere attribuita a una singola causa, ma è piuttosto il risultato dell’interazione di diversi fattori. Questi possono agire in sinergia, soprattutto quando il disturbo persiste nel tempo e non viene affrontato in modo adeguato. Le donne che soffrono di vulvodinia presentano alterazioni della risposta infiammatoria e dell’attività muscolare vulvo-perineale.

Ad oggi non è stata identificata una causa univoca ma ci sono diversii fattori che possono concorrere all’insorgere della vulvodinia, come l’ipercontrattilità della muscolatura vulvare e perianale, l’iperattività dei mastociti, l’iperstimolazione delle terminazioni nervose coinvolte nella percezione del dolore, infezioni vaginali e vescicali croniche o recidivanti e lesioni dei nervi pudendi derivanti dal parto o da traumi.

Anche l’ipertono del pavimento pelvico rientra tra le cause della vulvodinia. Il dolore alla zona vulvo-perineale può, infatti, innescare uno spasmo della muscolatura pelvica e amplificare la sensazione di fastidio e sofferenza.

 

 

 

La vulvodinia può anche essere influenzata da fattori predisponenti e aggravanti, come disturbi urinari e ginecologici infiammatori, rapporti sessuali in condizioni di scarsa o assente lubrificazione, secchezza vaginale, abuso di antibiotici, uso di prodotti per l’igiene non appropriati, disordini immunitari, neuropatie, traumi e fattori psicosessuali o relazionali.

Nel corso degli anni, la vulvodinia è stata erroneamente etichettata come una condizione di origine psicologica. Questa misconcezione è in parte dovuta al fatto che spesso non sono evidenti lesioni cliniche o anomalie fisiche rilevanti nelle aree genitali delle donne che ne soffrono – aggiunge la dottoressa Perris – La mancanza di segni visibili ha, quindi, portato a ipotizzare che il dolore fosse puramente frutto dell’immaginazione o di difficoltà psicologiche. È, invece, fondamentale guardare alla vulvodinia come a un disturbo complesso, che coinvolge una serie di fattori, tra cui elementi fisici, biologici ed emotivi. I fattori psicologici possono sicuramente influire sulla percezione del dolore e sulla sua persistenza nel tempo, ma non ne sono la sola causa. Il fatto che l’insorgere di problemi fisici possa essere, almeno in parte, riconducibile alla psiche, non significa che non sia una condizione reale, con una base biologica e neuropatica.

Come tutte le patologie con sintomatologia dolorosa, anche la vulvodinia è influenzata da pensieri, emozioni e comportamenti. La percezione del dolore, se prolungata, può influenzare il sistema nervoso a tal punto da far sì che il dolore assuma un ruolo centrale e che si manifesti indipendentemente dalla presenza o meno di uno stimolo doloroso esterno. Il dolore non è, quindi, generato dalla mente, ma piuttosto è la mente ad essere influenzata e plasmata dall’esperienza di dolore cronico.

Convivere col dolore causato dalla vulvodinia può, inoltre, costituire una fonte aggiuntiva di stress e contribuire all’’iper-reattività muscolare, creando un ciclo complesso e difficile da interrompere. Infatti, se, da un lato, lo stress può contribuire all’insorgenza e all’aggravamento dei sintomi della vulvodinia, dall’altro lato, la vulvodinia, con i suoi sintomi dolorosi e la loro persistenza nel tempo, può generare un notevole stress personale.

Infine, i traumi, gli abusi sessuali, la familiarità con i disturbi psicologici e della sfera sessuale sono alcuni tra gli altri fattori psicologici che potrebbero causare una maggiore predisposizione alla vulvodinia.

La vulvodinia ha forti ripercussioni anche sulla sessualità e sulla vita di coppia. I forti dolori che questa patologia comporta durante i rapporti sessuali inibiscono il piacere e il desiderio legati all’attività sessuale. Sovente la donna arriva a rifuggire completamente le occasioni di intimità, generando a sua volta disagio nel partner, che si sente rifiutato e spesso non comprende cosa provi la compagna. In altri casi, invece, la donna sceglie di proseguire con l’attività sessuale, nonostante il dolore, provocandosi delle microlesioni, che peggiorano ulteriormente la situazione. In entrambi i casi, la vulvodinia impone un peso notevole sulla sessualità e sulla relazione di coppia”, ha commentato la Dottoressa Valeria Fiorenza Perris, Psicoterapeuta e Clinical Director di Unobravo.

La diagnosi è spesso ostacolata da diversi fattori, tra cui la limitata conoscenza di questa patologia, anche da parte degli operatori sanitari, ma anche dalla difficoltà sperimentata da molte donne nell’affrontare un argomento tanto intimo e delicato con il proprio medico. Questa incapacità di esprimersi e confrontarsi apertamente può essere causata dal pudore, dall’imbarazzo o dal timore di sentirsi “diverse”, “strane” o “anormali”, ma anche dalla possibile reticenza del personale sanitario a trattare argomenti legati alla sessualità. Tutto ciò contribuisce a far sì che la vulvodinia sia tutt’oggi una condizione sottostimata, poco indagata e che di frequente giunga all’attenzione di specialisti adeguatamente preparati con notevole ritardo rispetto alla sua insorgenza.

La diagnosi della vulvodinia si basa su un processo di esclusione di altre patologie vulvari. La condizione è considerata probabile quando i sintomi persistono da almeno 3-6 mesi, non vi sono lesioni evidenti associabili ad altri disturbi o infezioni, e il semplice tocco dell’area genitale induce un dolore acuto.

La diagnosi è effettuata mediante lo SWAB TEST o “test del cotton fioc”. Con il bastoncino di cotone viene esercitata una lieve pressione su tutta l’area del vestibolo e della vulva. Il test risulta positivo quando, invece di una normale reazione, la paziente sperimenta un intenso bruciore, dolore e alterazione della sensibilità. Una volta ottenuta la diagnosi, è fondamentale che il medico o il ginecologo abbia una conoscenza adeguata di questa patologia e interpreti accuratamente i sintomi della paziente, così da poterla indirizzare verso il trattamento più adatto alle sue esigenze.

Oggi, grazie a questa metodologia diagnostica, è finalmente possibile identificare la vulvodinia e prospettare una terapia mirata alle pazienti. Poter offrire una diagnosi tempestiva e accurata è un grande traguardo.

 La diagnosi precoce e accurata della vulvodinia è il primo, ma fondamentale, passo per poter sconfiggere questa patologia e ridare una vita normale e dignitosa alle donne che ne sono affette. Per molte ricevere una diagnosi rappresenta una vera liberazione: finalmente è possibile dare un nome al proprio malessere, uscire da quello stato di incomprensione che spesso accompagna chi è affetta da vulvodinia e sentirsi validate, capite e supportate. La diagnosi consente, inoltre, di avviare tempestivamente un trattamento specifico per la malattia e limitare, così, le conseguenze che questa condizione può avere sul benessere psicofisico e sulla qualità di vita di coloro che ne soffrono. Identificare il disturbo quando è ancora a uno stadio iniziale permette di iniziare terapie mirate, che possono ridurre il dolore e migliorare la gestione dei sintomi, fornendo un sollievo significativo”, aggiunge la Dottoressa Perris.

I centri per le malattie vulvari che impiegano specialisti in vulvodinia si contano sulle dita della mano e sono principalmente concentrati nel nord Italia. Sia nel pubblico che nel privato le liste d’attesa sono spesso lunghissime e le cure molto costose. È, però, urgente continuare ad ampliare la divulgazione e creare sempre più occasioni di sensibilizzazione, affinché patologie come la vulvodinia e coloro che ne sono affette smettano di essere invisibili agli occhi della società e delle istituzioni.

Dopo la diagnosi, diviene, infatti, più semplice individuare la terapia corretta che, però, non è univoca e dipende dalle varie concause che hanno determinato l’insorgenza della patologia. Infatti, così come non esiste una sola origine alla vulvodinia, allo stesso modo non esiste un’unica terapia valida per tutte.

Per curare la vulvodinia è fondamentale intervenire sulla malattia a diversi livelli: farmacologico, fisioterapico, alimentare e psicologico. Innanzitutto è necessario spegnere l’interruttore del dolore. Qui entrano in gioco gli antidepressivi o antiepilettici, le creme anestetiche e i miorilassanti: tutti farmaci da assumere rigorosamente sotto controllo medico e che, a bassi dosaggi, agiscono sul dolore neuropatico – conclude la dottoressa Perris – Una parte fondamentale del trattamento è, poi, la fisioterapia, che va a concentrarsi sulla riabilitazione del pavimento pelvico. Con l’apprendimento di esercizi specifici mirati è possibile rafforzare i muscoli pelvici, contribuendo al sollievo dai sintomi. Anche l’alimentazione gioca un ruolo importante: una dieta equilibrata, che regoli la flora intestinale e impedisca il passaggio dei batteri in vagina, può aiutare a ridurre l’infiammazione ed evitare le infezioni ricorrenti. Si consiglia di favorire alimenti ricchi di fibre per prevenire la stipsi e di evitare cibi che possono causare infiammazioni, come lieviti, zuccheri, glutine e latticini. La componente psicologica è anch’essa cruciale: la terapia psicologica offre, infatti, un supporto essenziale per gestire il disagio emotivo legato alla malattia. Questa terapia può anche essere condotta online, per garantire un accesso più agevole alle pazienti. Con l’aiuto dello psicologo o dello psicoterapeuta è, infatti, possibile affrontare le diverse sfaccettature della condizione, investigando anche gli aspetti psicologici e relazionali. La storia personale della donna, il suo vissuto emotivo, l’impatto della sintomatologia sulla qualità della sua vita, sull’autostima, sulla sfera relazionale e sessuale sono tutti aspetti su cui si concentrerà il terapeuta per poter definire uno spazio specifico di ascolto, condivisione, accoglienza ed espressione”.

Infine, la vulvodinia spesso influenza profondamente la relazione con il partner e la sfera sessuale, creando incomprensioni, tensioni e frustrazioni. La terapia di coppia può aiutare entrambi i partner a comprendere meglio la situazione e a trovare nuove strategie per una terapia di coppia.

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