Nel mondo ogni 14 secondi viene diagnosticato un tumore al polmone, che è uno dei più diffusi e dei più aggressivi. Quanto prima si interviene con una diagnosi precoce, quanto più si possono migliorare, con i trattamenti, i risultati clinici e la qualità di vita dei pazienti.
Ed è per questo che l’approvazione da parte di AIFA , Agenzia Italiana del Farmaco, della prima e unica immunoterapia antitumorale in adiuvante per il trattamento del tumore al polmone non a piccole cellule (NSCLC) in fase iniziale e ad alto rischio di recidiva dopo la chirurgia e la chemioterapia: l’anticorpo monoclonale atezolizumab, rappresenta un importante passo in avanti.
L’approvazione italiana, che segue quella europea dello scorso anno, si basa sullo studio globale di fase III,multicentrico, open-label, randomizzato IMpower010.
A fronte di un alto tasso di recidive, con circa il 60% dei pazienti in stadio II e il 75% dei pazienti in stadio III che presentano una ricaduta a 5 anni dall’intervento, la gestione del paziente con NSCLC in stadio precoce era fin ad oggi una sfida ancora aperta per ricercatori e clinici.
« Con l’obiettivo di rendere questi stadi di malattia realmente guaribili, la ricerca punta pertanto alla riduzione della percentuale di recidive, sempre nel rispetto della qualità di vita del paziente. L’immunoterapia si è rivelata un ottimo mezzo per raggiungere questo scopo. – dichiara Silvia Novello, Professore ordinario di Oncologia Medica, Università degli Studi di Torino e Presidente WALCE Onlus –Poter disporre ora dell’innovazione di atezolizumab come prima immunoterapia approvata in adiuvante contribuisce a ridurre significativamente il rischio di recidiva e ad ampliare le prospettive di cura per i pazienti».
Fondamentale in questo contesto che la presa in carico ottimale del paziente con NSCLC in stadio precoce avvenga da parte di un team multidisciplinare che, insieme all’oncologo, si riunisce per discutere, valutare insieme la situazione e garantire la scelta del trattamento migliore.
«Attualmente radiologi, medici nucleari, pneumologi interventisti e chirurghi toracici valutano l’operabilità o meno dei tumori polmonari NSCLC negli stadi precoci, considerando che la chirurgia con intento curativo è ad oggi l’opzione standard di trattamento per una prognosi migliore. – spiega Filippo de Marinis, Direttore della Divisione di Oncologia Toracica dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano e Presidente AIOT (Associazione Italiana Oncologia Toracica) – Dopo l’intervento, il patologo identifica lo stadio della malattia resecata che guida l’indicazione agli eventuali trattamenti adiuvanti di chemioterapia. Questa opzione consente di ridurre il rischio di morte di oltre il 58% e di aumentare la sopravvivenza a 5 anni del 18% rispetto alla sola chemio».
L’indicazione richiede quindi un aggiornamento della strategia di cura e del percorso del paziente oncologico polmonare con un ruolo chiave giocato dalle diverse figure dell’equipe multidisciplinare, compreso il chirurgo, che dovrà inserire questo nuovo passaggio nel percorso diagnostico per valutare l’eleggibilità del paziente al trattamento.
«Nel trattamento dei pazienti con tumore al polmone in stadio iniziale assume un ruolo sempre più centrale la Lung Unit che contribuisce alla presa in carico del paziente, in modo che si possa valutare fin da subito la fattibilità della terapia in adiuvante. – sottolinea Federico Rea, Direttore Divisione Chirurgia toracica e Centro trapianto polmone del Policlinico Universitario di Padova – Oggi il percorso di questi pazienti prevede infatti un’integrazione dei trattamenti e un aggiornamento del percorso diagnostico. La novità di atezolizumab segna proprio un cambio di passo, come dimostrano gli studi clinici per cui l’immunoterapia in adiuvante permette risultati più efficaci, indipendentemente dal tipo di intervento chirurgico effettuato sul paziente, presentando al contempo una tollerabilità al farmaco migliore rispetto alla sola chemioterapia».