Anziani e solitudine. Secondo i dati Istat il In Italia 30% degli anziani che vivono soli soffre di negazione degli stimoli e di mancanza di coinvolgimento sociale. In più, l’emergenza Covid-19 ha messo le fasce più fragili in uno stato di precarietà, sia dal punto di vista sanitario, che dal punto di vista sociale ed economico. Tanto da spingere gli esperti a considerare la solitudine una vera e propria malattia, oltre che un fattore di rischio per l’anziano, sempre più impossibilitato a coltivare relazioni stabili. Questo senso di frustrazione si avverte anche nella gestione dell’incontinenza, che frequentemente insorge negli anziani e amplifica l’impatto di un disturbo che di per sè genera disagio e vergogna, al punto da rendere difficile persino parlarne.
Ecco allora che l’iniziativa “Noi Ci Siamo”, a sostegno di anziani e caregiver, diventa un modo per coinvolgere le persone fragili, ma anche i familiari, i caregiver e i professionisti del settore, per fornire loro una guida, un supporto utile e concreto nella gestione delle attività di assistenza, attraverso consigli, approfondimenti e storie vere, raccolti nella piattaforma web www.noicisiamo.santex.it
Per accendere i i riflettori su queste tematiche, attraverso la testimonianza diretta di chi ogni giorno si occupa di persone fragili, basta ascoltare le storie di due uomini (Marco e Giovanni), l’uno caregiver per necessità, l’altro per scelta, dai cui racconti emerge il senso dell’esperienza che stanno vivendo, gli alti e bassi della routine quotidiana e le motivazioni che ci sono dietro le loro scelte.
Marco Annicchiarico è uno scrittore e caregiver familiare, che ormai da anni assiste la madre Lucia, malata di Alzheimer.«Da parecchio tempo non sa più chi è lei e non sa più chi sono io. Così capita che mi chiama come le viene. A volte mi chiama “basilico”, altre volte “uagliò”, altre volte “ehi tu”. Ci sono delle volte chi mi chiama anche papà e si può dire che in qualche modo è una cosa che descrive bene quello che siamo diventati in questo periodo. I nostri ruoli si sono completamente ribaltati. Adesso tocca a me il ruolo del genitore e, senza accorgermene, sono diventato il caregiver di mia madre. E questa è una cosa che mio malgrado mi caratterizza. Perché di me potrei dire tantissime cose, che sono un autore, un poeta, uno scrittore, un musicista. In realtà essere un caregiver è quello che mi identifica maggiormente in questo periodo»
«Per prendermi cura di mia madre ho dovuto stravolgere completamente la mia vita. Ho abbandonato il lavoro, sono rientrato a vivere a Milano, all’epoca ero in Sicilia, e mi sono accorto che oramai con mia madre parlavamo due linguaggi diversi. Quindi ci siamo dovuti inventare un nuovo modo di comunicare, perché le parole non bastavano più. Abbiamo inventato, tra virgolette, un modo fatto di abbracci, di sguardi, di carezze, di contatto fisico comunque. Questo perché la demenza è una continua sottrazione, sia da chi viene colpito dall’Alzheimer, come nel caso di mia madre, sia nel caso della persona che gli sta accanto.»
«Se mi avessero spiegato prima come interagire con mia madre e quello che sarebbe successo sarebbe stato tutto molto più semplice. E invece nessuno ci ha detto nulla, nessuno ci ha dato una mano. Quindi nessuno mi ha spiegato perché mia madre apriva il frigo per parlare con sua madre o perché continuava magari a dire che Lucio Dalla era venuto per imparare il mestiere di sarto. A volte, quando esco dalla stanza e ritorno, mia madre inizia a darmi del lei. E io a quel punto le dico: “Dammi pure del tu, mi chiamo Marco”. Lei sorride e chiede: “Marco come?”. Io le dico: “Mi chiamo Marco Annicchiarico”. A quel punto lei sorride e dice: “Ma dai, ti chiami proprio come mio figlio”.»
https://www.youtube.com/watch?v=WQloKmtaD4w&t=12s
Giovanni Ronda nella vita fa il massaggiatore Shiatsu e coltiva la passione per la poesia. Non si definisce caregiver ma in un certo senso lo è, perché ogni giorno presta assistenza a Graziella, una signora anziana affetta da depressione. «Raggiungo Graziella ogni giorno, da quando è tornata – dopo quindici anni di sostanziale benessere psicologico – nella depressione, un problema che nel corso della vita l’ha colpita cinque o sei volte. Fino a sette mesi fa era completamente autonoma, sebbene dopo la scomparsa del marito, avvenuta nel 2020, fosse rimasta sola. Non ha figli, è stata insegnante di inglese, ed io credo di essere sempre stato per lei una specie di nipote, e non solo il figlio di una delle sue più care amiche. Mia madre è scomparsa qualche anno fa, ed ora ci troviamo quindi in una condizione di speculare solitudine. Ci differenzia l’età: io ho 48 anni, lei 86. Insomma, per ogni giorno che ho vissuto, lei dovrebbe averne vissuto all’incirca uno in più; anche se in verità sembra, a vederla nella sua fragilità, quasi una fogliolina, con le carte in mano sempre precarie della nostra amata briscola.»
«Ogni tanto le faccio notare quanto è bella la luce del suo soggiorno, e quanto gusto riveli la disposizione leggera dei mobili antichi. Ma Graziella dice che non è più lei, e basta una parola sbagliata per sottrarla alla briscola, che serve a distrarla, e avviarle la mente in zone per lei troppo buie da guardare. Ora ha una badante; ed è lei che affronta le ore più difficili: quelle della notte. Con una dose di difficoltà in più: non conosceva Graziella prima della malattia – e così può male interpretare le sue bizze e il suo innocente egoismo, portandola a travisare e a scontrarsi con lei. Ma, a pensarci bene, questo può capitare quasi più coi familiari stretti. Personalmente, credo di poter attribuire il suo stato mentale alla depressione, e solo in parte a quella che alcuni chiamano “la malattia degli anni”. Certamente, c’è qualche difficoltà maggiore: la vedovanza e la distanza da molti parenti che abitano lontano. E certamente, i tanti anni in più. Ma il telefono a volte squilla, le vecchie amiche ogni tanto si fanno sentire e con la badante ha iniziato anche a sorridere, nonostante le lunghe piogge di novembre, ormai, rendano scura la sua casa. L’attende molto presto un corso di pittura. Tornerà Graziella.»