Torna in presenza il 42° Congresso nazionale della Società Italiana di Medicina Estetica (SIME), che si sta svolgendo in questi giorni a Roma e tra i temi di particolare interesse c’è quello sul Liquid lifting, ovvero della ‘standardizzazione’ di una tecnica in uso da tempo ma che non era mai entrata nell’uso comune: una procedura non invasiva, perché si tratta di ottenere un riposizionamento dei tessuti molli verso l’alto, agendo sulla struttura ossea.
Liquid lifting significa, quindi, riempire con un filler – acido ialuronico o idrossiapatite di calcio – per riportare in tensione legamenti zigomatici o mandibolari che con l’invecchiamento si ammorbidiscono e si rilassano. Poi aumentare i volumi ossei per cercare di riempire un poco quel ‘sacchetto svuotato’ e riportarlo verso l’alto – per esempio sullo zigomo o sulla mandibola – e poi riempire, ad esempio, proprio quella parte che si trova davanti all’orecchio, dove c’è una struttura abbastanza importante, la fascia parotidea, che se riempita e gonfiata leggermente si porta dietro tutti i tessuti della parte intermedia del viso, quella della guancia.
“Si tratta di una procedura non invasiva, perché come dice l’espressione si tratta di ottenere un riposizionamento dei tessuti molli verso l’alto, agendo sulla struttura ossea – spiega il professor Emanuele Bartoletti, presidente della Società Italiana di Medicina Estetica SIME – Le ossa, infatti, rappresentano nel viso dei punti di ‘ancoraggio’ forti per i tessuti molli il grasso e le guance, sia attraverso i legamenti che ancorano la superficie all’osso, limitandone lo slittamento verso il basso, sia perché l’osso stesso, proprio per il volume che ha, riempie i tessuti stessi e li distende in superficie. L’unica cosa cui bisogna prestare attenzione è che c’è un limite a questa operazione: non possiamo continuare a ‘sollevare tessuti’ riempiendo progressivamente la faccia delle persone, perché così si rischia quello che si vede sempre più spesso in giro: visi ‘strapieni’ per sollevare i tessuti quando questi, però, sono ormai scesi troppo”.
Il target di riferimento non è facile da individuare, anche perché ci sono visi già invecchiati a 30 anni causa di dimagrimenti eccessivi o cedimenti precoci, come donne che a 60 anni stanno benissimo perché dotate di zigomi prominenti che non facilitano il cedimento dei tessuti. Possiamo dire che il trattamento è indicato in tutti i casi in cui si assiste ad un cedimento dei tessuti molli che riguarda il viso ( attenzione, non il collo, perché il liquid lifting qui non ha effetti, e quindi non è indicato) in cui ancora non ci sia l’indicazione ad un lifting – puntualizza Bartoletti – Siccome si usano filler che hanno una densità (cross-linkaggio) importante, hanno una durata altrettanto importante: può essere sufficiente intervenire anche una sola volta ogni sette-otto mesi. In qualche caso, comunque, può essere necessaria una quantità maggiore di filler, fino a tre-quattro fiale necessarie per ricostituire una valida impalcatura e soprattutto non infiltrate in un’unica seduta, ma distanziate di almeno 1 settimana per dare il tempo ai tessuti di adattarsi alla nuova condizione. Ma è una quantità da non superare per non andare verso ‘l’effetto-palla’. Se con questa quantità non si ha un risultato sufficiente non ha senso andare oltre, perché siamo al di là. Siamo di fronte alla standardizzazione di una tecnica in uso da tempo ma che non era mai entrata nell’uso comune. E la standardizzazione è un fatto assolutamente positivo nelle tecniche e nelle metodiche, perché ne inquadra meglio indicazioni e limiti“.
L’intervento costa tra 1.500 e i 2.000 euro.