I risultati di uno studio italiano presentati al congresso dell’European Society of Cardiology 2020 (ESC) e pubblicati in contemporanea sulla rivista JAMA Cardiology, dimostrano che gli smartwatch potrebbero essere utilizzati come ECG portatili anche per la diagnosi precoce di infarto.
Una notizia importantissima, perché se fino a oggi lo smartwatch permetteva di fare un’autodiagnosi delle artimie, cioè delle alterazioni del ritmo cardiaco, ora è possibile realizzare un elettrocardiogramma a nove derivazioni anche per la diagnosi precoce di infarto mettendolo sul petto del paziente, con una sensibilità che arriva al 94%.
La nuova funzione può però essere per ora utilizzata esclusivamente dal medico o dall’infermiere in condizioni di emergenza, quando non è disponibile un elettrocardiogramma standard ma il paziente ha sintomi di un possibile attacco cardiaco. Se si interviene con l’angioplastica entro 90-120 minuti la mortalità si dimezza, ma è fondamentale una diagnosi tempestiva. A oggi è indispensabile che i dati vengano valutati da uno specialista ma, in futuro potrebbe essere disponibile un software che consenta la diagnosi automaticamente.
“Un ECG tempestivo è fondamentale per la diagnosi di infarto, ma non sempre è prontamente disponibile in caso di sintomi sospetti; gli smartwatch, invece, sono al polso di un numero sempre più elevato di persone – spiega Carmen Spaccarotella della Divisione di Cardiologia e Centro di Ricerche in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare dell’Università Magna Graecia di Catanzaro, coordinatrice della ricerca – Gli ECG standard prevedono l’applicazione di elettrodi che misurano l’attività elettrica del cuore in punti diversi sul torace; gli smartwatch come l’Apple Watch, che abbiamo utilizzato nella nostra sperimentazione ed è uno dei più diffusi al mondo, sono programmati per effettuare una sola derivazione elettrocardiografica, consentendo perciò di esplorare l’attività elettrica di una parte soltanto del cuore. Il nostro studio ha dimostrato che è possibile spostare l’orologio in diverse posizioni del corpo, effettuando così una misurazione a nove derivazioni analoga a quella di un ECG standard”.
Per l’indagine sono stati analizzati 100 soggetti, di cui l’80% con sintomi di infarto e il 20% asintomatici di controllo; per tutti sono state effettuate le registrazioni dell’ECG con l’Apple Watch e, in contemporanea, un esame elettrocardiografico standard. “I risultati mostrano che nei pazienti colpiti da infarto la sensibilità dell’Apple watch, cioè la proporzione dei casi in cui veniva effettuata la diagnosi corretta, è stata del 94% – riprende Spaccarotella – La specificità del test, cioè la probabilità che un soggetto sano abbia un ECG su smartphone negativo, è stata del 92%. Ciò significa che con l’Apple Watch è possibile effettuare un ECG a nove derivazioni con la stessa affidabilità dell’ECG standard nella diagnosi di infarto miocardico. Non esiste ancora un programma che consenta la diagnosi automatica con l’ECG effettuato con l’Apple Watch, pertanto a oggi è indispensabile che i dati vengano valutati da un medico; in futuro tuttavia è probabile che siano resi disponibili software in grado di fare automaticamente la diagnosi di infarto, come già accade per la fibrillazione atriale”.
La possibilità di individuare un infarto in corso con rapidità e semplicità grazie all’uso di un semplice smartphone può essere di grande aiuto in determinate situazioni nel ridurre le conseguenze negative di un attacco cardiaco, come sottolinea Ciro Indolfi, Presidente della Società Italiana di Cardiologia e senior autore della ricerca: “In caso di dolore toracico, soprattutto se si associa a sudorazione e difficoltà di respirazione, è indispensabile effettuare subito un ECG per verificare l’eventualità di un infarto in corso: le Linee Guida ESC consigliano infatti di eseguire un ECG entro 10 minuti dal primo contatto col medico. La tempestività è decisiva: i pazienti con infarto miocardico più grave devono essere trasferiti rapidamente in emodinamica per impiantare uno stent, altrimenti si vanifica il beneficio dell’intervento. Negli ultimi anni proprio grazie all’angioplastica primaria la mortalità per infarto si è ridotta del 50%, a patto che la procedura venga effettuata entro 90-120 minuti dalla diagnosi con ECG. Gli smartwatch potrebbero perciò essere d’aiuto per accorciare ulteriormente i tempi di intervento e così salvare la vita a un maggior numero di pazienti”.