In Italia più di 24.100 donne con tumore della mammella metastatico possono essere trattate con la combinazione di ormonoterapia e terapia mirata, evitando così la chemioterapia. Un’analisi di 140 studi che ha incluso 50.029 pazienti, pubblicata su The Lancet Oncology, ha infatti dimostrato che la combinazione di ormonoterapia e delle nuove terapie a bersaglio molecolare (inibitori di CDK4/6) è migliore rispetto alla sola ormonoterapia standard (la sopravvivenza libera da progressione è raddoppiata). Non solo. Nessun regime di chemioterapia si è dimostrato più efficace rispetto alla combinazione. Lo studio è il risultato di una collaborazione internazionale, coordinata dal professor Mario Giuliano dell’Università Federico II di Napoli e dal professor Daniele Generali dell’Università di Trieste, e che ha visto la partecipazione di molti ricercatori italiani.
“Nel nostro Paese, nel 2018, sono state stimate 52.300 nuove diagnosi di carcinoma della mammella e circa 37mila donne vivono con la malattia in fase metastatica”, spiega la professoressa Lucia Del Mastro, Responsabile della Breast Unit dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova. “La ricerca ha coinvolto pazienti in postmenopausa con la patologia metastatica, positiva per i recettori ormonali e negativa per il recettore 2 del fattore umano di crescita epidermica (HR+/HER2-). Si tratta di un sottotipo che include circa il 65% di tutti i casi metastatici. Questa analisi è molto importante perché, per la prima volta, pone a confronto, in prima e seconda linea, l’efficacia dei regimi oggi disponibili di chemioterapia e ormonoterapia, con o senza terapie mirate. E conferma quanto stabilito dalle linee guida internazionali, che raccomandano, anche in prima linea, l’impiego dell’ormonoterapia (con o senza terapie mirate), posticipando l’uso della chemioterapia in queste pazienti. Sono chiari i vantaggi di una scelta di questo tipo in termini di minore tossicità. Nonostante le raccomandazioni internazionali, oggi la chemioterapia è ancora diffusa nella pratica clinica. Ci auguriamo che l’analisi pubblicata su The Lancet Oncology possa cambiare la tendenza. Le nuove opzioni terapeutiche costituite dagli inibitori di CDK4/6 infatti garantiscono quantità e qualità di vita”.
I risultati dell’analisi, che ha incluso ricerche pubblicate fra gennaio 2000 e dicembre 2017, erano in linea con gli studi (PALOMA-2, MONARCH 3, e MONALEESA-2), che hanno condotto all’approvazione degli inibitori di CDK4/6 (palbociclib, abernaciclib e ribociclib) da parte dell’ente regolatorio americano, la Food and Drug Administration, nel tumore della mammella metastatico.
“Servono opzioni terapeutiche innovative”, spiega il professor Giuliano. “Gli inibitori di CDK4/6 rappresentano una nuova strategia nella gestione del tumore del seno metastatico positivo per i recettori ormonali e HER2 negativo. In queste pazienti, la pratica clinica si sta progressivamente allontanando dall’impiego della chemioterapia per adottare la combinazione, in prima linea, di diverse molecole a bersaglio molecolare con la terapia endocrina. Gli inibitori di CDK4/6, infatti, stanno progressivamente sostituendo la chemioterapia in prima linea, proprio perché, a parità di efficacia, garantiscono una migliore qualità di vita grazie all’ottima tollerabilità. Va sottolineato che non viene meno l’importanza della chemioterapia, soprattutto nelle pazienti già trattate”.