Circa 9 milioni di italiani prima o poi vanno incontro al prurito da orticaria e la probabilità sale in estate quando caldo, sudore, sole, l’acqua salata del mare e anche alcuni cibi possono aumentare l’infiammazione della pelle e renderla ipersensibile.
L’essenziale è arrivare a una diagnosi accurata individuando la sostanza o la situazione associata ai sintomi, come sottolineano gli esperti della Società Italiana di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica (SIAAIC) in occasione del XXXII Congresso Nazionale, tenutoti recentemente a Milano: a volte però non si riesce a identificare la causa, l’orticaria dura a lungo e in questi casi si parla di orticaria cronica spontanea, di cui soffrono circa 600.000 italiani.
“L’estate è un momento critico per la pelle: la sudorazione aumenta il prurito, i raggi solari e l’acqua salata di mare irritano la cute, la temperatura elevata incrementa la vasodilatazione periferica e peggiora i sintomi cutanei: così ogni anno milioni di italiani vanno incontro ad almeno un episodio di orticaria acuta in estate – spiega Gianenrico Senna, Presidente Eletto SIAAIC – Per ridurre i fastidi aiutano le docce fresche con acqua dolce subito dopo i bagni in mare, ripararsi con cappelli e magliette quando il sole è particolarmente intenso e fare attenzione alla dieta, evitando ciò che ci si accorge può scatenare il prurito. L’importante infatti è fare una diagnosi corretta: l’orticaria acuta, che si manifesta con un prurito molto intenso e pomfi arrossati, passa da sola in qualche ora o si risolve facilmente con gli antistaminici o con brevissime terapie con cortisonici. Va fatta attenzione però se sono interessate le mucose, perché quando a gonfiare in modo anomalo sono quelle delle prime vie respiratorie c’è il rischio di un edema della glottide. È perciò opportuno capire che cosa scatena la reazione, se certi alimenti, farmaci o il sole. Alcune forme di orticaria possono però non scomparire rapidamente: se durano oltre 6 settimane l’orticaria diventa cronica, rendendo la vita impossibile ai pazienti”. Nell’orticaria cronica spontanea non c’è una causa allergica, ma pomfi, prurito e gonfiore si ripresentano improvvisamente e spontaneamente; una spada di Damocle che compromette molto la qualità di vita e che si manifesta nelle donne nel doppio dei casi rispetto agli uomini, con un’incidenza maggiore fra i 20 e i 40 anni.
“Possono servire anche alcuni anni per risolvere l’orticaria cronica – interviene il Dott. Oliviero Rossi, Tesoriere della SIAAIC, Allergologo ed Immunologo clinico presso la SOD di Immunoallergologia dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi di Firenze – Purtroppo però circa la metà dei pazienti non risponde agli antistaminici, la terapia di prima linea: si è quindi costretti ad aumentare i dosaggi e poi a passare al cortisone, con cicli di una settimana, dieci giorni. Alcuni pazienti finiscono per assumerlo in cronico ma ciò comporta molti effetti collaterali, che vanno da un aumento del rischio di osteoporosi e fratture a un maggior pericolo di diabete e ipertensione. Per una piccola quota di casi, circa 5000-10.000 pazienti che continuano ad avere i sintomi nonostante antistaminici e cortisone, sarebbe risolutivo il farmaco biologico omalizumab: si somministra in iniezione sottocute una volta al mese e agisce rapidamente, senza particolari effetti collaterali”. La terapia può essere proseguita per sei mesi, poi va sospesa; se l’orticaria ricompare, dopo due mesi si può rifare un ciclo di cinque iniezioni fino a un massimo di undici.
Nel 30 per cento dei casi questa orticaria è insensibile agli antistaminici e si deve ricorrere al cortisone, gravato però da grossi effetti collaterali se la terapia diventa a lungo termine. Per circa 5000 pazienti, i più complessi, la soluzione potrebbe essere una terapia con farmaci biologici ma solo poco più di 2000 la stanno seguendo: erogare a tutti omalizumab, l’anticorpo monoclonale approvato per l’orticaria cronica, costerebbe da 15 milioni a un massimo di 25 milioni di euro, mentre i costi diretti e indiretti di un’orticaria trattata in maniera inefficiente ammontano a circa 40 milioni di euro l’anno fra eventi avversi da cortisonici e assenze dal lavoro per i disagi provocati dal prurito che non passa mai.
Oggi sono in cura poco più di 2000 pazienti, meno della metà di quelli che avrebbero l’indicazione al trattamento, e il Sistema Sanitario rimborsa la terapia per un massimo di 11 mesi, che per alcuni casi più complessi possono essere insufficienti. L’appello di SIAAIC dopo il recente annuncio della disponibilità di AIFA a valutare una possibile estensione della rimborsabilità: nei pazienti più gravi l’uso del farmaco biologico deve poter essere esteso oltre i 12 mesi, senza costringere i malati a pagarsi le cure di tasca propria sborsando 500 euro al mese.
“Il Servizio Sanitario Nazionale non rimborsa oltre e quindi i casi veramente gravi, che non passano, sono costretti a ritornare ai precedenti trattamenti con scarso controllo della malattia con tutti i disagi che ne conseguono. Alcuni pazienti che ne hanno la possibilità sono costretti ad acquistare di tasca propria il farmaco, a un costo di circa 500 euro al mese che può essere insostenibile per molti – osserva Mario Di Gioacchino, Vicepresidente SIAAICdirettore UO di Allergologia Policlinico Universitario di Chieti– I casi che hanno bisogno di una terapia così prolungata non sono pochi e giustamente le Associazioni di pazienti stanno chiedendo a gran voce che vengano estesi i piani terapeutici possibili. Anche a seguito delle richieste dei malati, AIFA di recente si è finalmente detta disponibile a valutare la possibilità di rimborsare omalizumab oltre i 12 mesi in casi specifici e SIAAIC aderisce all’appello dei pazienti perché possano avere la possibilità di curarsi al meglio. Dobbiamo ricordare che i costi diretti e indiretti della patologia sono molto alti, una terapia risolutiva che annulli anche i costi connessi agli effetti collaterali dei cortisonici è perciò un’arma irrinunciabile: oggi meno della metà dei pazienti che sarebbero candidabili al biologico riceve la cura, l’obiettivo è riuscire a estenderla a tutti coloro che potrebbero trarne giovamento senza costringere i malati a pagarla da soli creando inique disuguaglianze di accesso alla terapia”.
L’ORTICARIA
– Sintomi: Eruzione cutanea improvvisa con pomfi rossi o bianchi di varie dimensioni della durata massima di 24 ore, che provocano prurito, fastidio e dolore. Nei casi gravi c’è angioedema, un gonfiore degli strati più profondi dell’epidermide e delle mucose;
– Le cause: nelle forme inducibili i sintomi possono essere provocati da alimenti o bevande, sole, freddo o calore. Lo stress peggiora i sintomi; i farmaci antinfiammatori non steroidei possono aggravare l’orticaria nel 20-30% dei casi;
– La dieta: Può essere utile, in un limitato numero di pazienti, un’alimentazione a basso contenuto di additivi (coloranti o conservanti) o priva di alimenti ad alto contenuto di istamina o che provocano liberazione di istamina. Questi i cibi da evitare:formaggi stagionati e fermentati, albume d’uovo, cacao/cioccolato, pesce fresco conservato – tonno, sardine, acciughe, aringhe, salmone, crostacei e frutti di mare;