Aritmie cardiache: la telemedicina dimezza la mortalità, riduce le ospedalizzazioni e migliora l’assistenza

Il progressivo incremento dell’aspettativa di vita e con essa della prevalenza di malattie croniche hanno favorito un notevole aumento delle aritmie, anomalie del battito del cuore che interessano oltre mezzo milione di italiani over65 (4 su 100) e che costituiscono una delle cause più frequenti di accesso al Pronto Soccorso o di ricovero in cardiologia (circa il 13% dei ricoveri). Ma, dispositivi sempre più sofisticati e monitoraggio a distanza consentono all’aritmologia italiana di vivere la sua rivoluzione 4.0 grazie all’innovazione tecnologica, con l’obiettivo di curare aritmie complesse in una popolazione che invecchia. Sono questi alcuni dei temi di cui si parlerà in occasione del Congresso Nazionale di AIAC – Associazione Italiana di Aritmologia e Cardiostimolazione che si tiene a Bologna oggi e domani 12 aprile.

“L’identificazione precoce di gravi patologie come la fibrillazione atriale o lo scompenso cardiaco possono interrompere questo meccanismo, prevenendo l’insorgenza di situazioni critiche e le conseguenti ospedalizzazioni. In questo senso il telemonitoraggio rappresenta un vero e proprio strumento di cura per i pazienti con dispositivo cardiaco impiantabile come pacemaker e defibrillatori e in generale per il paziente cardiopatico poiché, grazie a un’osservazione continua, permette una pronta reazione terapeutica”, dichiara Renato Pietro Ricci, Presidente AIAC.

L’unione di competenze mediche, infermieristiche, tecniche e informatiche permette oggi la cura del paziente a distanza, la semplificazione dei percorsi e l’ottimizzazione delle risorse, migliorando i flussi organizzativi delle strutture ospedaliere. I risultati sono sorprendenti: la telemedicina riduce fino al 50% la mortalità dei pazienti con scompenso cardiaco, del 39% le ospedalizzazioni, del 50% il numero di visite in ospedale con un conseguente alleggerimento delle liste di attesa e degli accessi ai Pronto Soccorso per un risparmio del 60% dei costi sanitari.

“I benefici del monitoraggio remoto non sono solo sanitari, ma anche psicologici per il paziente e i suoi familiari che dimostrano da sempre un alto grado di accettazione e soddisfazione. Inoltre rappresentano la vera continuità assistenziale, in uno stretto binomio tra ospedale e territorio, anche secondo quanto raccomandato dalle linee guida internazionali”, precisa ancora Ricci. “In Italia circa il 50% dei defibrillatori e il 20% dei pacemaker sono in telemonitoraggio, nonostante a oggi la prestazione non sia ancora stata codificata dal Sistema sanitario nazionale e non venga rimborsata alle strutture che la utilizzano e che, per questo, presentano ancora grosse difficoltà ad allocare le risorse necessarie”.

Aritmie cardiache e morte improvvisa – Il Congresso Nazionale si focalizza quest’anno sul tema delle aritmie cardiache nell’anziano e sul tema della morte improvvisa che, con circa 40.000 decessi l’anno (uno ogni 13 minuti), rappresenta il 40% delle morti cardiovascolari e il 10% di tutte le cause di morte. Va detto tuttavia che i progressi della terapia farmacologica, l’utilizzo diffuso dei defibrillatori esterni e i defibrillatori impiantabili ne hanno ridotto l’incidenza di circa il 35% negli ultimi 15 anni. “La fibrillazione atriale è una delle aritmie più frequenti nella popolazione anziana poiché è strettamente correlata all’invecchiamento della persona e quindi del suo cuore. Il 12% degli over 80, infatti, soffre di questa patologia che aumenta di 5 volte il rischio di ictus cerebrale”, commenta Massimo Zoni Berisso, Vicepresidente AIAC. “Programmi di ricerca sistematica della fibrillazione atriale silente (un killer silenzioso) permettono di avviare una terapia anticoagulante precoce nei soggetti a rischio e prevenire l’ictus. Per quanto riguarda la prevenzione della morte improvvisa, una valutazione del profilo di rischio nei soggetti che hanno superato un infarto o affetti da scompenso cardiaco permette di identificare coloro che beneficeranno dell’impianto di un defibrillatore a scopo preventivo”.

Per combattere efficacemente i disturbi del ritmo cardiaco è importante una tempestiva diagnosi che ognuno può fare anche da solo, misurando il proprio battito cardiaco al polso. Un’aritmia è un’anomalia nella frequenza o nel ritmo del battito cardiaco, in cui il cuore può battere troppo veloce (tachicardia con battito superiore ai 100 battiti al minuto); troppo lento (bradicardia con battito inferiore ai 60 battiti al minuto) o con un ritmo irregolare. “Quando il battito è irregolare è il caso di rivolgersi al proprio medico e, per i dovuti approfondimenti, all’aritmologo, figura principale di riferimento”, dichiara Roberto De Ponti, Presidente eletto AIAC. “Gli esperti delle aritmie possono fare molto nel trattamento dei disturbi del ritmo cardiaco, che frequentemente complicano l’iter di patologie cardiovascolari quali l’ipertensione arteriosa, l’infarto miocardico, lo scompenso cardiaco, ma che a volte interessano anche i cuori apparentemente sani. Il trattamento delle aritmie cardiache è oggi possibile con ottime probabilità di successo utilizzando terapie ampiamente consolidate, sia farmacologiche che tramite dispositivi come l’impianto di pacemaker o di defibrillatore o l’ablazione con catetere”.

Morte improvvisa e sport – “La morte improvvisa tra gli sportivi, che ha recentemente occupato le pagine delle cronache, è un fenomeno che riguarda atleti in cui sono normalmente già presenti delle condizioni predisponenti allo sviluppo di aritmie come malattie congenite o genetiche (ad esempio la cardiomiopatia ipertrofica e la cardiomiopatia aritmogena)”, sottolinea Renato Pietro Ricci. “Diversi studi hanno dimostrato che in queste persone l’incidenza di morte improvvisa è più alta rispetto ai sedentari affetti dalle stesse patologie perché lo sforzo massimale prolungato e l’attivazione del sistema nervoso simpatico possono agire da trigger dell’aritmia e scatenare l’evento fatale”.

L’Italia tuttavia è oggi un Paese all’avanguardia in tutto il mondo nei programmi di screening cardiologici negli atleti, grazie a normative molto severe introdotte fin dal 1982. “Grazie all’ECG in prima battuta, strumento principe ancora oggi per identificare precocemente eventuali anomalie, e a tecniche più sofisticate come la risonanza magnetica, si è riusciti a ridurre nel nostro Paese l’incidenza della morte improvvisa negli sportivi dal 3,6 allo 0,4 per 100.000 per anno, un livello inferiore rispetto a quello dei sedentari non sottoposti a screening”, conclude Ricci.

 

 

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