FIBROMIALGIA: 9 PAZIENTI SU 10 SONO DONNE

I sintomi, a volte, iniziano dopo un trauma fisico, un intervento chirurgico, un’infezione o un significativo stress psicologico. In altri casi i segni della fibromialgia, perché è di questo che stiamo parlando, si accumulano gradualmente nel tempo, senza alcun singolo evento di attivazione evidente. Questa patologia viene definita come una sindrome da sensibilizzazione centrale, caratterizzata dalla disfunzione della percezione, della trasmissione e della processazione del dolore, prevalentemente a livello dell’apparato muscolo-scheletrico. In particolare, chi ne è colpito presenta un’alterazione a livello del sistema nervoso centrale e periferico, che amplifica le sensazioni dolorose (o ne riduce l’inibizione), influenzando il modo in cui il cervello elabora i segnali di dolore.

La causa esatta all’origine della fibromialgia non è nota, ma si ritiene possano essere coinvolti diversi fattori (biochimici, genetici, neurochimici, ambientali, ormonali, psicologici ecc.). In molti casi i medici faticano a diagnosticarla, al punto che chi ne soffre viene spesso considerato un malato immaginario.

Secondo le stime, in Italia la sindrome fibromialgica colpirebbe circa 1,5-2 milioni di persone, in una fascia di età fra i 25 e i 55 anni, anche se dati più recenti denunciano il doppio delle persone colpite. Sono due i lavori pubblicati relativi al nostro Paese che stimano la prevalenza di tale sindrome tra il 2.2 e il 3.7% della popolazione generale e il 5,5% della componente femminile. In pratica, su 10 pazienti, 9 sono donne. Una recente revisione di tutta la letteratura fissa poi la presenza della sindrome fibromialgica al 2.7% della popolazione mondiale, con un rapporto maschi-femmine di 1 a 3. La media europea si attesterebbe intorno al 2.5 % della popolazione, quella americana al 3.1% e quella asiatica all’1.7%.

Al momento sono solo due gli studi internazionali sviluppati per individuarne l’incidenza annua nella popolazione generale. Il primo, eseguito sulla popolazione norvegese, stimerebbe un’incidenza di 583 casi annui ogni 100.000 abitanti, mentre il secondo, eseguito tra i cittadini americani iscritti ad un certo piano assicurativo, individua un’incidenza totale di 168 casi annui su 100.000. Il rapporto donna-uomo in entrambi gli studi si attesterebbe intorno a 2:1. Seppur con metodiche diverse, entrambi gli studi hanno condotto a risultati sovrapponibili.

Perché le donne sono più colpite? “La motivazione della maggiore prevalenza nel sesso femminile non è chiara e non ci sono studi specifici che ne diano l’esatta correlazione. Sicuramente la differente attività del sistema endocrino tra uomo e donna porta a una diversità nella produzione di alcuni ormoni (corticosurrenali, ipofisari, epifisari, ecc.) che possono interagire in modo rilevante su alcune componenti quali la modulazione del dolore, il senso di fatica, la capacità di reazione allo stress. Nel sesso femminile, poi, il sistema di modulazione del dolore è caratterizzato da un minor rilascio di oppiodi, i nostri anestetici naturali, con conseguente minor capacità di inibire e abbassare i livelli di dolore. Le donne hanno poi maggiore attenzione al sintomo dolore, maggior sensibilità agli stimoli, riconoscono il dolore più precocemente. Tuttavia, gli elementi “biologici” da soli non danno ragione di questa prevalenza che, a mio avviso, va indagata anche nella sfera psicologica e socio-culturale che caratterizza la diversità di genere”, spiega Paolo Valli, fisioterapista e ‘coach del dolore’, che ha anche raccolto la propria esperienza ventennale in un libro, “La tua svolta al dolore” (Tecniche Nuove), una vera e propria guida su come liberarsi dalla fibromialgia e dal dolore cronico.

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L’approccio curativo di Valli parte dalla corretta diagnosi, che deve essere fatta dallo specialista reumatologo, e si basa su una approfondita anamnesi, accompagnata da una precisa analisi dei sintomi che aiutano a orientare in maniera adeguata la valutazione. A questo si aggiunge l’esame clinico del paziente e l’evocazione del dolore, mediante digitopressione, che deve essere evidente in almeno undici dei diciotto punti tender che, a oggi, rimane uno dei principali criteri diagnostici ancora in uso a livello internazionale. Valli si pone però un obiettivo più ampio rispetto alla propria professione: fornire al paziente tutti gli strumenti per una vera svolta dal dolore cronico verso un progressivo e costante benessere. Il libro ha un taglio molto pratico, da manuale, per un obiettivo altrettanto concreto, quello di liberarsi dal dolore: “Ogni paziente ha una storia clinica a sé, che ha origine da una diversa causa scatenante. Per questo ognuno deve potersi costruire la propria personale ricetta e un proprio percorso, in cui scienza e atteggiamento mentale contribuiscono e influiscono insieme sulla percezione del dolore e sul raggiungimento del risultato finale”, specifica ancora Valli. L’originalità del testo, i cui capitoli sono scanditi da tre tappe fondamentali, “le tre S”, consiste nell’introduzione di nuovi concetti e punti di vista spesso lontani dal pensiero comune:

  • Sapere: quello che la scienza dice del dolore. Conoscere in modo semplice e chiaro, ma con un contenuto scientifico rigoroso, qual è la neurofisiologia del dolore e cosa sta succedendo al proprio corpo è il punto di partenza per chiarire alcuni concetti fondamentali sul dolore ed eliminare tutto ciò che di sbagliato si pensa. Scoprire cosa può influire sul proprio dolore e cosa, invece, non lo può modificare;
  • Sbloccare: le strategie per la propria Svolta. Attraverso un percorso guidato a scardinare le proprie convinzioni limitanti per poter scegliere obiettivi importanti su cui si dovranno focalizzare impegno ed energie. Questa è una parte cruciale del percorso per far sì che il proprio atteggiamento mentale passi dall’essere un ostacolo all’essere una spinta concreta al cambiamento;
  • Sperimentare: analizzare i punti deboli che caratterizzano le diverse sfere della propria vita (il movimento, l’alimentazione, il riposo, etc.) e scoprire come fare per migliorarli sperimentandone concretamente gli effetti.

Il libro offre una panoramica completa che parte dalla comprensione del dolore e dai meccanismi che lo governano ai fattori che lo influenzano, passando attraverso l’atteggiamento mentale, e arrivando infine al cambiamento delle abitudini (dall’alimentazione al movimento, dal sonno agli esercizi di rilassamento).

Paolo Valli, fisioterapista-osteopata e coach del dolore, è nato a Bergamo nel 1973. Dal 2002 è professore a contratto presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Nel 2006 fonda il IRO Medical Center, una struttura polifunzionale dedicata alla riabilitazione principalmente in ambito ortopedico con particolare focus sulle problematiche della colonna vertebrale e sulle patologie legate alla pratica sportiva. Svolge la sua professione dal 1995 e negli ultimi anni ha scelto di approfondire il tema del dolore, in particolare delle forme croniche e della sindrome fibromialgica. Con Tecniche Nuove ha pubblicato ‘La tua svolta al dolore’, (novembre 2016), una guida pratica che guida il paziente verso un personale percorso di guarigione, allo scopo di aiutarlo a liberarsi definitivamente dal dolore.

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