CALCOLI RENALI: UNA PATOLOGIA DIFFUSA MA CERTO NON BANALE

Circa l’8% della popolazione soffre di calcoli renali, quasi cinque milioni di italiani. La formazione di “sassi”, spesso costituiti da calcio (urato, fosfato,eccetera), nelle vie urinarie è una patologia molto diffusa che è spesso stata considerata, al di là degli episodi dolorosi delle coliche, quasi banale. Per questa ragione la prevenzione può risultare un’arma molto utile e importante per contrastare la malattia ed evitare l’evoluzione di eventuali complicanze.
Per tale motivo nell’Unità Operativa di Nefrologia del Complesso Integrato Columbus Università Cattolica Del Sacro Cuore di Roma è attiva la ‘Stone Clinic Nefrologica’, coordinata dal professor Giovanni Gambaro, nella quale vengono valutati i casi che richiedono indagini mediche più approfondite. “Gli episodi di calcolosi renale sono in aumento a causa dello stile di vita, delle abitudini alimentari e dell’aumento del peso corporeo. Le cause della calcolosi renale sono spesso provocate da una scarsa idratazione che facilita la formazione dei cristalli da cui hanno origine i calcoli, da eccessivi introiti di determinati alimenti come proteine animali, e cibi ricchi di fruttosio o sale, e dal sovrappeso corporeo”, spiega Gambaro.

Cosa mangiare e cosa non…
“Tuttavia, la norma che per molti anni è stata data ai pazienti con calcolosi calcica di non mangiare latte, formaggi e derivati, è nella stragrande maggioranza dei casi profondamente sbagliata e rischiosa perché a lungo andare può indurre una situazione di osteopenia e di osteoporosi”, avverte ancora Gambaro. “Quindi in linea generale la dieta vegetariana, o meglio la dieta mediterranea, fanno bene al paziente con calcolosi, la dieta vegana invece, eliminando tutti i derivati animali, come latte e formaggio, presenta qualche rischio. Questo perché viene introdotto troppo poco calcio, mentre con i vegetali può essere assunto molto sale, che per essere “digerito” a livello intestinale deve appunto interagire con il calcio. Non avvenendo questa reazione, il sale viene liberamente assorbito a livello intestinale, concludendo il suo percorso nell’organismo a livello urinario, dove lo troviamo in grandi quantità, con un aumento del rischio di formazione di calcoli”.

I calcoli, un campanello d’allarme
In ogni caso, i calcoli possono rappresentare un “campanello dall’allarme, che permette al medico di riconoscere la presenza di alcune patologie: diabete, gotta, patologie delle paratiroidi o forme genetiche. Per questi motivi, così come per il fatto che i calcoli renali possono portare ad altre conseguenze, come infezioni urinarie, insufficienza renale (fino alla necessità di dialisi), e malattie cardiovascolari, è importante non sottovalutarne la presenza.
“Può capitare che durante una visita sia individuato un calcolo, magari con un’indagine radiologica, con una TAC o con un’ecografia, e per qualche motivo si decida che non è opportuno rimuoverlo, in genere perché di piccole dimensioni”, prosegue Gambaro. “Oppure che il calcolo sia espulso o rimosso, per esempio perché ha provocato una colica. In ogni caso è sempre importante eseguire un minimo approfondimento diagnostico, perché la presenza di un calcolo può rappresentare la prima manifestazione di una malattia più seria. Non è necessario fare esami complicati, è sufficiente eseguire un esame del sangue per verificare i livelli di alcune sostanze, come la creatinina, il calcio, il fosforo, il sodio, il potassio. Anche un banale esame delle urine è molto informativo. Si tratta di esami molto semplici che costano pochi euro, ma questo primo livello di diagnostica già consente di escludere le forme più frequenti e più importanti di cause secondarie. E, magari, evitare un’infezione urinaria, o meglio ancora, un infarto”.

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