Tumori di cui non si parla spesso, perché sono poco conosciuti. I sintomi sono assenti o tardivi, la localizzazione in sedi difficili e/o nascoste, come l’interno o in prossimità del fegato e la colecisti, ma la crescita è rapida con possibilità di raddoppio del volume in soli 28 giorni contro i 190 del tumore della mammella: sono alcuni degli aspetti che rendono complessa la diagnosi dei tumori delle vie biliari ( (tumori della colecisti e colangiocarcinomi) con 5.400 nuovi casi totali solo nel 2020 (dati AIRTUM, Associazione Italiana dei Registri Tumori) con una prevalenza fra le donne (3 mila casi vs 2.400 nei maschi). È dunque ‘fortuita’ la possibilità di una diagnosi precoce (20-25% dei casi) che spesso dipende da un’ecografia del fegato o dell’addome eseguite per altre cause.
Nel 50% circa dei casi la malattia si sviluppa senza motivo apparente. La ricerca offre oggi nuove, importanti opportunità terapeutiche: almeno 4 farmaci di ultima generazione che vanno a colpire due geni responsabili della malattia, IDH1 e FGFR2, e in grado di aumentare la sopravvivenza, migliorare la qualità della vita e ridurre la mortalità di circa il 30%. Dati importanti se si considera che a causa della diagnosi tardiva meno di un terzo di pazienti può affrontare la chirurgia. Nuove opzioni di cura si attendono dallo studio di altri geni implicati nella malattia e dall’immunoterapia.
Fondamentale è, dunque, rivolgersi dopo la prima diagnosi a centri di alta specialità in cui ricevere una valutazione e un approccio multidisciplinare al tumore, che significano appropriatezza e avanguardia della cura. Centri reperibili a livello nazionale sul sito dell’Associazione Pazienti Italiani Colangiocarcinoma (APIC, www.apicinfo.it). Le caratteristiche, le opportunità di diagnosi e terapie per i diversi tumori delle vie biliari sono approfondite nel nuovo Quaderno di ROPI (Rete Oncologica Pazienti Italia), che sarà presentato con un webinar lunedì 5 luglio alle 18 sul sitowww.reteoncologicaropi.it. Da qui il quaderno è già scaricabile gratuitamente.
“I tumori delle vie biliari che comprendono i tumori della colecisti e i colangiocarcinomi –spiega la presidente di Fondazione AIOM,Stefania Gori – hanno manifestazioni differenti. Nella gran parte dei casi sono asintomatici in fase iniziale per poi sviluppare in caso di colangiocarcinoma intraepatico (localizzato cioè all’interno del fegato) dolore addominale, perdita di peso, nausea, malessere. Se invece il colangiocarcinoma è extraepatico (fuori dal fegato), al 90% presenta ittero, un colore giallastro del bianco dell’occhio (sclera) e talvolta della cute, urine scure simile al marsala e feci biancastre e cremose per l’assenza di bile nell’intestino. Solo nel 10% dei casi i sintomi sono riferibili a colangite (infiammazione delle vie biliari) con dolore, febbre elevata e brividi. Queste ‘difficoltà’ spesso ne ritardano la diagnosi e solo nel 20-25% la scoperta del tumore avviene casualmente nel corso di una ecografia del fegato o dell’addome. Ecco perché questo Quaderno di ROPI è particolarmente importante”.
“Negli ultimi anni – aggiunge Giovanni Brandi, oncologo medico presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Sant’Orsola Malpighi di Bologna e Fondatore del Gruppo GICO (Gruppo Italiano Colangiocarcinoma) – è più frequente la diagnosi di colangiocarcinomi intraepatici. Una crescita presumibilmente attribuibile a differenze geografiche e a cambiamenti temporali dei fattori di rischio associati alle differenti forme tumorali. Questi aspetti rendono fondamentale la presa in carico del paziente fin dagli stadi iniziali di malattia da centri specialisti, di elevata competenza per numero di casi trattati, in cui poter ricevere un inquadramento accurato sia della tipologia di malattia, sia delle opportunità di cura”.
“Anche i fattori di rischio vanno differenziati a seconda del tipo di tumore. Per i tumori intra-extraepatici – precisa Lorenza Rimassa,oncologo medico presso il Dipartimento di Scienze Biomediche, Humanitas University, Pieve Emanuele (Milano), UO Oncologia Medica e Ematologia, Humanitas Cancer Center, IRCCS Humanitas Research Hospital, Rozzano (Milano) –sono fattori predisponenti le colestasi (colangite sclerosante primaria, cisti del tratto biliare, epatolitiasi) e fenomeni di infiammazione cronica (infezione da parassiti epatobiliari, malattie infiammatorie croniche intestinali, cirrosi, epatite B o C, obesità, fegato grasso o NASH) a seconda dei casi prevenibili con vaccinazioni, farmaci mirati e correzione dello stile di vita. Minore influenza sembrano avere il fumo di sigaretta e l’esposizione pregressa all’amianto. Riguardo ai tumori della colecisti invece la presenza dei calcoli biliari incide per il 75-90%, e di fenomeni infiammatori sovrapposti. Mentre più del 50% dei tumori delle vie biliari o della colecisti non hanno un fattore di rischio conosciuto. Il sospetto di malattia va confermata poi con esami strumentali (ecografie e/o risonanze mirate) supportate dalla ricerca di due marcatori tumorali, il CEA e il CA 19.9 e da biopsia se necessaria”.
“Oggi disponiamo di nuove opportunità di cura – dichiara Daniele Santini dell’Oncologia Medica, Università Campus Bio-Medico di Roma – tra queste almeno 4 farmaci che vanno a colpire due specifiche mutazioni genetiche associate alla malattia: il gene DTH1 (isocitrato deidrogenasi 1) e l’FGFR2 che generalmente aumenta la vascolarizzazione del tumore. Questi farmaci in uno studio clinico (attualmente possono essere impiegati solo nell’ambito di progetti di ricerca o in compassionevole, non sono prescrivibili con il Sistema Sanitario Nazionale) hanno dimostrato di aumentare la sopravvivenza, la qualità della vita e ridurre il rischio di morte del 30%. Attualmente sono allo studio le mutazioni di kRAF e l’amplificazione del gene ERBB-2 e si sta investigando sulla possibilità di aumentare la capacità del sistema immunitario nel riconoscere le cellule tumorali e, dunque, combatterle. Infine grandi attese si associano all’impiego dell’immunoterapia anche nei tumori delle vie biliari che si è dimostrata efficace nel trattamento di altre tipologie di tumori”.
“La nostra Associazione – conclude Paolo Leonardi, Presidente di APIC (Associazione Pazienti Italiani con Colangiocarcinoma) – ha raccolto all’interno del sito (www.apicinfo.it) utili informazioni sulla malattia e soprattutto sui centri accreditati e di alta specialità cui rivolgersi. Questi sono facilmente ‘visualizzabili’ in una mappa che li localizza territorialmente, regione per regione, e di cui grazie alla collaborazione con il GICO (Gruppo Italiano di Ricerca sul Colangiocarcinoma), per ciascun Centro vengono indicate anche le aree di maggiore expertise in ambito di diagnosi e terapia”.