Oncologia: nuove molecole più rapide, ciclo di vita dei farmaci più lungo. Italia “hub” della ricerca

Una nuova molecola oggi può passare in meno di tre-cinque anni dal laboratorio alla pratica clinica, contro i 15 anni del passato. Sull’altro fronte, acquista sempre più importanza la fase matura dei farmaci dopo l’immissione in commercio, con l’ingresso nella real life, la valutazione di ulteriori benefici e indicazioni, gli studi di fase 4 che permettono di studiare gli effetti  a lungo termine, fino al passaggio a farmaco equivalente/biosimilare.

In tutto questo l’Italia si colloca ai ai primi posti al mondo per impatto degli studi clinici, anche senza l’assegnazione dell’Agenzia Europea del Farmaco (EMA). Attualmente, infatti, sono oltre 300 i prodotti biotech in fase di sviluppo da parte di aziende farmaceutiche italiane. Tre terapie avanzate su 6 autorizzate in Europa sono di matrice italiana.
Nel 2016 le aziende farmaceutiche italiane hanno investito in Ricerca e Sviluppo 1.470 milioni di euro,  con un incremento del 3,9% rispetto al 2015. Ma pesano i tempi di approvazione – in media 12 mesi  dopo l’autorizzazione dell’EMA – che ritardano l’accesso dei pazienti alle terapie innovative.

Una delle aree di maggior innovazione è l’oncologia: ogni giorno in Italia oltre 1.000 persone si ammalano di cancro e centinaia di ricercatori lavorano per mettere a punto terapie in grado di migliorare ulteriormente la sopravvivenza, passata dal 39% degli anni 1990-94 al 54% degli anni 2005-2009 per gli uomini e dal 55% al 63% per le donne. L’Italia è – in base al numero delle citazioni e all’H-Index (il criterio utilizzato a livello internazionale per valutare impatto scientifico di un autore e prolificità delle sue pubblicazioni) – tra i primi 5 Paesi al mondo per qualità delle pubblicazioni scientifiche e al quarto posto nella ricerca oncologica.

 

Ma c’è un punto debole per il Nostro paese: i tempi troppo lunghi affinché l’innovazione arrivi ai pazienti. Un fattore da non sottovalutare, poiché  la fase che segue l’immissione in commercio è considerata sempre più importante per capire se un farmaco può avere ulteriori indicazioni o come migliorarne la somministrazione e gli effetti collaterali. Nel nostro Paese il tempo richiesto per l’accesso al mercato dopo l’autorizzazione EMA è vicino ai 12 mesi, con un divario rilevante rispetto ad altri importanti Paesi. Tutto questo a causa  di vincoli burocratici e duplicazioni di adempimenti regionali e locali compiuti affinché il nuovo farmaco diventi effettivamente prescrivibile e utilizzabile. I tempi necessari per le autorizzazioni regionali variano tra Regioni da 31 a 293 giorni in media.

Inoltre per i farmaci innovativi si pone il problema della sostenibilità, che può comportare interventi per limitare l’accesso a determinate molecole. Come risultato, l’uso in terapia dei nuovi farmaci, misurato in termini di consumi pro-capite, resta più basso che nei maggiori Paesi dell’Unione Europea (19% in meno di farmaci lanciati tra il 2012 e il 2016).
Duplice, in questo nuovo scenario, il compito dei media: spiegare l’importanza di seguire il farmaco in tutte le fasi del suo lungo ciclo di vita, che va ben oltre i riflettori che accompagnano la fase del lancio. E mettere in evidenza il valore del “fattore tempo” per non perdere i vantaggi legati all’accelerazione dell’innovazione.

«Oggi una nuova molecola può arrivare nella pratica clinica in meno di 3-5 anni – afferma Giuseppe Curigliano, Direttore della Divisione Sviluppo Nuovi Farmaci per Terapie Innovative dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano – La rivoluzione della genomica è stata cruciale: la scoperta delle basi genetiche del cancro e la possibilità di identificare dei bersagli su cui costruire un farmaco ha reso possibile la personalizzazione delle terapie e ha moltiplicato le possibilità. Il numero dei farmaci sta crescendo esponenzialmente con l’aumentare delle nicchie di pazienti che potranno beneficiare di ogni singolo specifico farmaco innovativo».

L’accelerazione del ciclo di sviluppo e le aspettative che genera l’innovazione cambiano anche il rapporto dei pazienti con la ricerca. «L’efficacia dei nuovi farmaci fa sì che i pazienti considerino fondamentale partecipare già a studi clinici di Fase I, visti come un’opportunità per avere accesso ai farmaci nuovi prima che vengano immessi in commercio – dice Filippo de Braud, Direttore di Oncologia Medica, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori di Milano –  D’altra parte, un farmaco innovativo che ha bersagli molecolari o è in grado di attivare l’immunità contro il tumore può realmente prolungare la vita del paziente. Tuttavia, quando i pazienti dipendono per la loro sopravvivenza da un farmaco spesso dipendono anche da quello che il farmaco rappresenta: accessi frequenti in ospedale, visite, esami, somministrazioni, e sono vincolati ad un rapporto continuativo con l’ospedale. Tutto questo ha risvolti positivi dal punto di vista medico ma ha un enorme impatto sulla qualità di vita dei malati e sull’organizzazione sanitaria».
Ma l’approvazione è solo l’inizio: una volta immesso sul mercato, il farmaco “giovane adulto” entra nella sua vita matura e nella fase chiamata “gestione del ciclo di vita”. «Il farmaco innovativo uscito dalla fase di sperimentazione controllata entra nel mondo reale, dove i pazienti sono assai più complessi – dichiara Carlo Alberto Tondini, Direttore dell’Unità di Oncologia dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo – in questa fase la cosa più importante è tener d’occhio il cambiamento di contesto perché potrebbero emergere rischi che non si sono manifestati chiaramente durante la sperimentazione. Questa fase di impiego controllato, può durare alcuni anni durante i quali il farmaco immesso in commercio continua ad essere osservato speciale anche grazie al meccanismo della farmacovigilanza che richiede segnalazioni spontanee, base per ulteriore studio del farmaco se diventano numerosi».

La vita matura di un farmaco è altrettanto interessante di quella “giovane”. Accanto alla gestione del ciclo di vita si affiancano gli studi di Fase 4 che permettono ai ricercatori di affinare la loro conoscenza sul farmaco, di confrontarlo con altri prodotti già presenti sul mercato, di valutare i suoi effetti a lungo termine, e di determinare il rapporto costo-beneficio del farmaco rispetto ad altri in commercio. Molto importante è la farmacovigilanza per valutare in maniera continuativa tutte le informazioni relative alla sicurezza dei farmaci fino al passaggio, una volta scaduto il brevetto, allo standard di farmaco equivalente o a quello di biosimilare, che richiede evidenze di comparabilità sugli effetti clinici nell’uomo, soprattutto per quanto riguarda gli anticorpi monoclonali, di cui non si conoscono perfettamente i complessi meccanismi di azione.
Una fase particolarmente importante, quella della vita del farmaco “maturo”, anche perché può avvalersi su larga scala di un aspetto determinante: l’esperienza diretta dei pazienti.

 

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