Nuovi dati positivi sull’uso di cladribina per la sclerosi multipla recidivante

La sclerosi multipla (SM) è una malattia cronica e infiammatoria del sistema nervoso centrale rappresenta il più comune disturbo neurologico disabilitante di origine non traumatica nei giovani adulti. Nel mondo colpisce circa 2,9 milioni di persone. Nonostante la malattia sia caratterizzata da un’ampia varietà di sintomi, quelli osservati con la maggiore frequenza, includono vista annebbiata, intorpidimento, e formicolii agli arti, diminuzione della forza muscolare e disturbi della coordinazione. Le forme recidivanti di SM sono le più comuni.

Proprio per questi casi Merck ha presentato al 9° Congresso ECTRIMS-ACTRIMS in corso a Milano i nuovi dati positivi relativi a cladribina compresse, che evidenziano i vantaggi di un inizio precoce della terapia e come abbia ridotto il danno neuronale in due anni.

  Cladribina, approvata dall’Autorità Europea (EMA) il 22 agosto 2017, è  indicata per il trattamento di adulti con sclerosi multipla (SM) recidivante ad elevata attività. Grazie al suo profilo di sicurezza, l’uso di cladribina è generalmente raccomandato per i pazienti che hanno avuto una risposta inadeguata, o non sono in grado di tollerare, un farmaco alternativo indicato per il trattamento della sclerosi multipla (SM).

Due studi real-world, anch’essi presentati all’ECTRIMS, rafforzano i possibili benefici dell’inizio del trattamento con cladribina compresse nelle fasi iniziali della malattia. Nel follow-up a cinque anni dello studio CLARENCE, condotto nel Regno Unito, è emerso che il 36,1% dei 2.685 pazienti esaminati al momento dell’inizio della terapia era naïve al trattamento.

In uno studio separato, condotto in America Latina, sono stati analizzati i dati di 1.421 pazienti che hanno ricevuto almeno un ciclo di cladribina compresse. Nel tempo è stata osservata una tendenza all’aumento dell’inizio della terapia con cladribina compresse nei pazienti naïve, indicando un vantaggio nell’utilizzo precoce del trattamento con questo farmaco. Inoltre, in entrambi gli studi, pochissimi pazienti trattati con cladribina compresse sono passati ad altre terapie.

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