A distanza di un secolo dalla scoperta dell’insulina, il diabete mellito si può considerare a pieno titolo una malattia cronica che comporta un elevato consumo di risorse e pone notevoli sfide sul piano assistenziale. Una patologia che rappresenta la prima causa di cecità non traumatica, la seconda causa di insufficienza renale terminale con necessità di dialisi o trapianto, la prima causa di amputazione non traumatica degli arti inferiori e una concausa di metà degli episodi di ictus e infarto miocardico. In Italia sono circa 4 milioni le persone affette da diabete. Ai casi già diagnosticati, inoltre, si aggiungono circa 1-1,5 milioni di cittadini ignari di soffrirne e almeno altri 4 milioni esposti a un elevato rischio di svilupparlo. Da questi dati si intuisce il gravoso impatto della patologia non soltanto sulla qualità di vita dei pazienti e dei loro familiari, ma anche dal punto di vista sociale, economico e sanitario. Per fortuna, però, ci sono importanti aspetti che caratterizzano la storia recente della diabetologia: l’ampliamento dell’armamentario terapeutico, che oggi consente un approccio personalizzato al paziente e l’introduzione di device (microinfusori e sensori), che non soltanto hanno semplificato la gestione della malattia ma hanno anche portato ad affinare criteri, parametri e modalità del controllo glicemico. L’innovazione nelle cure non è soltanto espressione tangibile del progresso scientifico, che a sua volta si traduce in un miglioramento della qualità assistenziale, ma stimola anche a intraprendere nuove scelte di policy, mirate all’efficientamento del sistema sanitario e al conseguimento di obiettivi più ambiziosi nella pratica clinica. Un esempio emblematico è rappresentato dalla telemedicina, che si è ritagliata ampi margini di sviluppo nel corso della pandemia fino a delinearsi quale paradigma di un nuovo approccio al paziente.
I dispositivi per il controllo continuo della glicemia – Impiantati sotto pelle nel braccio, o nell’addome, o nel gluteo, i dispositivi per il controllo continuo della glicemia consentono di poter disporre di un quadro completo dello stato glicemico nelle 24 ore con misurazioni della concentrazione del glucosio ogni 5 minuti. I risultati di questo controllo sono davvero interessanti: riduzione dei pericolosi eventi ipoglicemici, dei ricoveri ospedalieri per cause cardio vascolari e degli accesi al Pronto Soccorso.
Difformità nella modalità di gestione tra le regioni – Se in sanità per prevenire occorre conoscere, quando si parla di diabete questo assunto diventa dunque fondamentale, e lo diventa ancor di più se si guarda all’elemento centrale del contrasto a questa patologia: il controllo dei livelli glicemici. C’è infatti una preoccupante difformità tra regione e regione nelle modalità di gestione e controllo di questo specifico aspetto sanitario. Una difformità che, nonostante alcune lodevoli eccellenze, va superata con urgenza e ricondotta a una efficiente omogeneità assistenziale oggi irrinunciabile. Su questo importante tema di sanità pubblica si è tenuto alla Camera dei Deputati un convegno su “Innovazione e sostenibilità nella governance dei sistemi sanitari regionali: il caso del monitoraggio dei livelli glicemici nel paziente diabetico”. L’evento, promosso dalla rivista Rh+ Regional health, pubblicazione che tra i suoi obiettivi si prefigge di diffondere le best practice regionali, ha visto la partecipazione di politici, economisti, esponenti della comunità scientifica, del mondo advocacy, oltre a numerosi esponenti della gestione dei servizi sanitari delle diverse regioni italiane. Si è trattato di un confronto pubblico scaturito dagli esiti di approfondite analisi, che la rivista ha promosso sotto forma di tavoli di lavoro, in cinque regioni italiane – Toscana, Piemonte, Veneto, Sicilia e Puglia – e dai quali è emersa una grande necessità di semplificazione nei percorsi di cura.
“Una semplificazione”, come ha rilevato il Professor Andrea Lenzi, Ordinario di Endocrinologia, Policlinico Umberto I, Roma, “che deve essere sempre più orientata al coinvolgimento attivo dei pazienti e dei loro caregiver e che, se fosse diffusa su larga scala, produrrebbe maggior efficacia di cura oltre che le irrinunciabili economie. Il controllo dei livelli glicemici è, in questo senso, un esempio emblematico se si considera il cambio di passo che in questa direzione può essere offerto dalle nuove tecnologie ancora troppo spesso ignorate”.
Nel nostro Paese la patologia diabetica ha beneficiato negli ultimi anni di un tasso di innovazione molto accelerato, che ha reso notevolmente più efficace il controllo della malattia e la sua evoluzione in senso migliorativo. Una innovazione che ha interessato tutti gli aspetti, incluso quello relativo al monitoraggio dei livelli glicemici il cui ruolo è centrale sul piano della gestione ottimale della patologia stessa per la quale sono destinate ad avere un ruolo sempre più centrale tutte le modalità assistenziali che si avvalgono della telemedicina nelle sue più diverse declinazioni. Tuttavia, le analisi dei diversi contesti regionali evidenziano ancora oggi notevoli difformità e, in proposito, l’Onorevole Roberto Pella, presidente dell’Intergruppo Parlamentare Obesità e Diabete ha sottolineato: “L’organizzazione del nostro Servizio Sanitario, oggi strutturata e organizzata su base regionale, impone alla politica e alle istituzioni di interrogarsi ancora una volta sulle difformità e i ritardi con i quali l’innovazione trova accoglienza nei diversi contesti regionali. Le conseguenze di inadeguati controlli dei livelli glicemici – ha proseguito il Deputato – oltre a colpire i pazienti e a ingenerare disuguaglianze incrementali sui territori, generano oneri sociali e sanitari che, nel loro complesso, vanno ponderati rispetto ai vantaggi che l’investimento in innovazione, specie in questa fase storica, può garantire”.
Molteplici sono le evidenze che nei tempi più recenti hanno confermato la centralità del ruolo delle nuove tecnologie nel controllo in continuo dei livelli glicemici anche da remoto. Tra le più recenti un’analisi – frutto anche delle necessità e delle limitazioni poste dalla pandemia e prodotto dalla collaborazione tra l’Associazione Medici Diabetologi, la Società Italiana di Diabetologia e la Società Italiana di Endocrinologia – che, come ha rilevato la Professoressa Concetta Irace, Ordinario presso il Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università della Magna Graecia di Catanzaro evidenzia chiaramente che “… le nuove tecnologie consentono di ridurre tempi assistenziali e liste di attesa nonché di dedicare maggiore attenzione ai pazienti critici o con maggiori difficoltà di accesso ai Centri, oltre a rendere possibile una loro rapida caratterizzazione grazie al monitoraggio in continuo del glucosio”.
L’evento ha rappresentato un momento importante di condivisione di politici, scienziati, clinici e pazienti a sottolineare la necessità che istituzioni, organizzazioni ed esperti prestino una più solida attenzione e disponibilità nei confronti di uno dei principali elementi di prevenzione delle numerose complicanze del diabete le quali, come risaputo, generano i più negativi impatti sulla sostenibilità del Sistema sanitario.