La stagione influenzale prevista questo inverno sarà la più insidiosa dal 2020. Alla luce di questo, la vaccinazione antinfluenzale si rivela quest’anno ancora più strategica, in particolar modo per la fascia di popolazione più fragile, gli over 60, che maggiormente rischiano di subire un alto impatto clinico della malattia, in termini ad esempio di polmoniti, di eventi acuti di natura cardio-cerebrovascolare come infarto o ictus, o di un aggravamento di eventuali patologie croniche preesistenti, oltre a possibili esiti fatali.
Cosa dice un sondaggio Ipsos – Ma, anche se ha preso il via ormai in tutta Italia la campagna d’immunizzazione contro l’influenza stagionale, solo un over 65 su 3 (vale a dire il 31%) ha ricevuto il vaccino. A rivelarlo è un sondaggio che Sanofi ha affidato a Ipsos dal quale si apprende che la media risulta più alta al Sud, dove i vaccinati raggiungono il 44% del totale, mentre resta più bassa nelle regioni del Centro, dove si è vaccinato soltanto un anziano su 5 (20%). Dati ben lontani dall’obiettivo minimo del 75% fissato dal Ministero della Salute tanto più se si considera che, dopo due anni di pandemia e relative misure di contenimento, ci troveremo più esposti al virus dell’influenza, che quest’anno si prevede tornerà a circolare più intensamente.
La stagione in arrivo si preannuncia, dunque, molto più dura: in base ai dati giunti dall’emisfero australe, si prevede un aumento della diffusione virale. Un trend confermato anche dall’ultimo bollettino InfluNet dell’Istituto Superiore di Sanità, che mostra una curva epidemica di sindromi simil-influenzali con valori superiori a quelli registrati nelle ultime due stagioni. Dall’altro, il nostro sistema immunitario si trova impreparato proprio a causa della scarsa circolazione del virus influenzale negli anni pandemici e a una adesione alle relative campagne di immunizzazione condizionata dal contesto pandemico.
Come sostiene Fabrizio Pregliasco, Professore associato di Igiene Generale e Applicata, Università degli Studi di Milano – Direttore Sanitario dell’IRCCS Ospedale Galeazzi – Sant’Ambrogio: “Quelli che circolano ora sono virus respiratori che danno sintomatologia simile all’influenza, ma il picco epidemico dei virus influenzali è atteso più in là, a fine dicembre. Sebbene ci sia ancora tempo per vaccinarsi contro l’influenza, è bene farlo subito poiché la risposta immunitaria alla vaccinazione impiega circa due settimane per svilupparsi pienamente. La vaccinazione antinfluenzale è raccomandata per tutte le persone dai 60 anni in poi indipendentemente dalla presenza o meno di condizioni di cronicità, poiché l’avanzare dell’età è in sé un fattore di maggior suscettibilità alle infezioni. Al di sotto di questa soglia d’età è bene che si vaccini chi soffre di malattie croniche, anche non di natura respiratoria, poiché è dimostrato che va incontro a un rischio maggiore di forme gravi d’influenza.”
I vaccini restano dunque a tutti gli effetti i migliori alleati nel prevenire l’insorgere della malattia o il suo decorso grave – In particolare, per la popolazione anziana, la cui risposta immunitaria è più debole, è stato appositamente studiato un vaccino contenente un maggiore dosaggio di antigene, in grado di garantire una protezione superiore rispetto al vaccino a dosaggio tradizionale, nel rispetto degli stessi standard di sicurezza e tollerabilità. Si tratta di un vaccino in commercio da oltre 10 anni negli Stati Uniti e dal 2021 disponibile anche in Italia, la cui efficacia nel prevenire l’influenza e i rischi a essa correlati è ampiamente dimostrata: garantisce una riduzione dei ricoveri per polmoniti del 27% in più rispetto al vaccino standard, mentre per i ricoveri per cause cardio-respiratorie del 18% in più.
È proprio agli indecisi che si rivolge il monito degli esperti. Tra coloro che ancora non hanno ricevuto il vaccino, quasi 2 su 3 (59%) affermano che intendono farlo. Tra i principali fattori che incoraggiano all’immunizzazione risultano l’efficacia del vaccino (32%), la raccomandazione di un operatore sanitario (28%) e l’assenza di effetti collaterali (25%). Coloro che invece si sono già vaccinati, hanno deciso di immunizzarsi per abitudine (63%), per la volontà di proteggersi dall’influenza (61%) o di evitare complicanze gravi (47%).