E’ il primo studio mondiale che prende in esame lo stato di salute delle donne in 116 Paesi del Mondo. L’Hologic Global Women’s Health Index, per conto di Hologic, Inc. – leader nella diagnosi precoce, diagnosi e trattamento della salute delle donne – nell’ambito del Gallup World Poll, ha raccolto oltre 36 milioni di dati per tracciare un quadro completo sugli aspetti essenziali che possono migliorare condizioni di salute, qualità e aspettativa di vita per le donne di tutto il mondo. Obiettivo: dare il proprio contributo a sensibilizzare e chiamare all’azione i governi e i leader politici per intervenire concretamente aumentando il livello di salute delle donne, in particolare nel momento attuale dove il COVID-19 ha peggiorato le disparità sanitarie di lunga data.
E i dati italiani non sono molto confortanti. Solo il 61% degli Italiani si dichiara soddisfatto riguardo alla disponibilità di un servizio sanitario di qualità sul territorio, percentuale che tende a diminuire ulteriormente per le donne appartenenti alle fasce di reddito più basse (47%) e per le donne che vivono al sud (51%). Negli altri paesi dell’Europa Occidentale la soddisfazione media raggiunge l’85%, negli Stati Uniti l’81%, in Cina il 74% e in Australia l’82%.
L’Index evidenzia come le donne italiane siano le meno partecipi ai programmi di prevenzione oncologica e malattie sessualmente trasmissibili. Infatti, solo il 20% delle donne nella fascia tra i 50 e i 69 anni dice di essersi sottoposto agli screening gratuiti del SSN per il cancro nell’ultimo anno, notevolmente al di sotto del 50% che ci si aspetterebbe se le donne seguissero i protocolli sanitari consigliati. Inoltre solo il 3% della popolazione femminile ha eseguito test per le malattie veneree, una percentualmente decisamente inferiore rispetto agli altri paesi dell’Europa che raggiungono una media dell’8%; mentre negli Stati Uniti i dati si attestano al 19%, in Cina al 10% e in Australia al 12%.
Nonostante la soddisfazione relativamente bassa verso la disponibilità di assistenza sanitaria, l’84% delle donne italiane afferma di aver parlato del proprio stato di salute con un medico o personale sanitario negli ultimi 12 mesi e di aver eseguito esami preventivi per pressione alta (43%), diabete (15%) e cancro (16%).
“Sebbene il SSN offra programmi di screening su tutto il territorio italiano, la percentuale di donne intervistate che ha usufruito di tali servizi risulta notevolmente al di sotto del 50%, la soglia minima attesa – commenta la D.ssa Alessandra Amendola – Dirigente Biologa presso l’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma -. I test meno eseguiti sono soprattutto quelli per i tumori e le malattie sessualmente trasmissibili. Una spiegazione potrebbe essere il fatto che molto spesso gli esami richiesti per lo screening di tali patologie sono rimandati nel tempo perché invasivi e impegnativi e, non da meno, richiedono una forte determinazione e capacità di accettare possibili esiti positivi che potrebbero dare inizio a percorsi clinico-terapeutici fisicamente e psicologicamente molto difficili. Tuttavia, va anche considerato il fatto che questa indagine è stata condotta in piena crisi pandemica, quando l’accesso alle visite specialistiche, alla diagnosi e alle cure era fortemente limitato dalla situazione di emergenza legata al COVID-19. E’ dunque necessario avvicinare più possibile le donne ai programmi di screening per la salute. Per raggiungerle andrebbe migliorata sicuramente la qualità dell’informazione, intensificato l’invito a partecipare ai programmi e facilitato l’accesso ai test, con particolare riguardo e attenzione verso le fasce più deboli della popolazione femminile. D’altra parte, si sa, le donne, per loro natura, tendono a farsi carico delle problematiche un po’ di più rispetto agli uomini, ed è interessante osservare come ciò sia evidente anche in questa intervista. Infatti, circa il 50% delle donne si dichiara negli ultimi tempi preoccupata in generale e quelle che lo sono di più sono, di nuovo, sono quelle che dispongono di un reddito più basso (55% rispetto al 36% tra le donne con reddito elevato).”
Dalla ricerca emerge che quasi 9 italiani su 10 (87%) percepiscono la violenza domestica come un problema molto diffuso nel Paese, percentuale al di sopra della media del 68% dell’Europa Occidentale, degli Stati Uniti con un valore dell’82% e della media mondiale del 66%. Le donne italiane con reddito più basso (94%) sono le più propense a riconoscere la diffusione di questo problema, rispetto a quelle appartenenti alle fasce di reddito medio (85%) e alto (86%).
Nel 2020, il 49% degli italiani – il 52% delle donne e il 46% degli uomini – sostiene di aver provato preoccupazione per gran parte del giorno precedente. Anche in questo caso, l’Italia registra uno dei dati più alti tra le popolazioni europee (36%), inferiore solo a Malta (67%), Portogallo (67%) e Spagna (50%).
Tuttavia l’Index rivela che le restrizioni legate al COVID-19 non hanno influenzato negativamente la salute emotiva di donne e uomini italiani. Rispetto alla media mondiale, che ha evidenziato un progressivo peggioramento delle condizioni di stress (dal 35% al 40%), gli italiani hanno riferito di aver provato preoccupazione (49%), stress (41%), tristezza (30%) e rabbia (14%) in percentuali in linea con gli anni precedenti.