Il glaucoma è una malattia subdola che colpisce l’occhio. E che, se non diagnosticata in tempo, può causare gravi danni alla vista e, in alcuni casi, ipovisione o cecità. Ma, quando la capacità visiva viene compromessa dal glaucoma l’organo colpito non è soltanto l’occhio ma anche il cervello. Perché avere difficoltà a svolgere anche le più semplici azioni domestiche o non poter più uscire da soli genera nell’anziano, spesso affetto anche da altre malattie, ansia e depressione. Il glaucoma, dunque, diventa anche un problema psicologico.
La reazione alla diagnosi – Secondo i dati di uno studio condotto dalla Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia e dall’Istituto Beato Palazzolo di Bergamo, oltre il 70% dei pazienti ha avuto un approccio emotivo negativo alla diagnosi: il 35.7% ha avuto paura di diventare cieco, il 26.7% ha provato ansia (i pazienti più giovani di più in confronto a quelli più anziani). “In questi pazienti la preoccupazione e l’ansia nascono anche solo all’idea che la progressione della malattia possa fargli perdere la propria indipendenza costringendoli a un isolamento sociale”, dichiara il professor Carlo Nucci, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Oculistica presso il Policlinico Universitario di Roma Tor Vergata.
Più ansia e depressione – Ma l’ansia non è l’unica possibile reazione. Spesso c’è anche una forma depressiva. Varie ricerche scientifiche hanno indagato sull’impatto psicologico che può avere il glaucoma stabilendo che i tassi di incidenza di ansia e depressione risultano doppi in chi soffre di questa patologia rispetto alla popolazione generale. Come emerge dalla meta-analisi italiana condotta dalle Università di Brescia, dalla Fondazione G.B. Bietti di Roma e dall’Istituto di Ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano, uno studio giapponese ha dimostrato che la prevalenza di pazienti con ansia (13%) e depressione (10,9%) è significativamente più alta rispetto al gruppo di controllo (rispettivamente 7% e 5,2%).
Disagi giustificati dalle limitazioni della malattia – Vari studi hanno messo in luce il fatto che tra gli organi di senso, la perdita della vista è quella che crea più ansia perché gli occhi sono considerati l’organo più prezioso da proteggere. “Poiché questa malattia è cronica e può potenzialmente portare alla cecità, il glaucoma comporta un enorme carico psicologico”, sottolinea ancora il professor Nucci. “Tutte le limitazioni che comporta, come per esempio, la paura di cadere, i problemi di equilibrio e l’insicurezza alla guida possono provocare nel paziente con glaucoma una forma depressiva. Le conseguenze psicologiche sono legate anche alla paura di diventare cieco e alla consapevolezza che questa condizione peggiora di anno in anno”.
I fattori di rischio – “Il glaucoma è una malattia che interessa il 3% della popolazione con più di 40 anni di età”, afferma il professor Giorgio Marchini, direttore Clinica Oculistica, Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona. “La causa è principalmente legata all’aumento della pressione intraoculare, che danneggia progressivamente il nervo ottico e il campo visivo. Nella sua genesi tuttavia giocano un ruolo anche fattori neurodegenerativi e vascolari, infatti si stima che dal 30% al 70% dei soggetti con glaucoma soffrano di una forma indipendente dalla pressione oculare alta”.
Le terapie – Uno studio della University of Miami Miller School of Medicine ha dimostrato che la riduzione della pressione oculare nei pazienti con glaucoma è in grado di rallentare la progressione della malattia ma non riesce a fermarla del tutto a causa dell’origine neurodegenerativa della malattia stessa, simile ad Alzheimer e morbo di Parkinson. Il nuovo approccio terapeutico prevede di affiancare alle terapie di prima linea, sostanze neuroprotettive che contrastino il suicidio cellulare. “Tra le varie sostanze ad azione anti-ossidante l’ubiquinone, più noto come Coenzima Q10, è considerato una delle molecole più promettenti. Simile a una vitamina, é presente a livello del mitocondrio e partecipa al metabolismo deputato alla produzione di energia all’interno della cellula intervenendo come uno spazzino nei meccanismi di rimozione dei radicali liberi”, conclude il professor Nucci.