1,4 miliardi di persone. È il numero di persone di età pari o superiore a 60 anni prevista nel 2030. Gli anziani sono sempre di più, segno che la medicina e lo stile di vita prolunga l’esistenza. Ma se una società che invecchia rappresenta un successo, nello stesso tempo è anche una sfida. Il rapido invecchiamento della popolazione determina infatti un aumento della disabilità legata alle malattie croniche non trasmissibili.
Invecchiare in buona salute dovrebbe essere pertanto l’obiettivo prioritario delle strategie nazionali, europee ed internazionali. In quest’ottica ci sono ancora molti passi da compiere. Se ne è parlato nel corso di InnovaCtion, il summit istituzionale di GSK, industria farmaceutica globale presente in Italia dal 1932, dedicato a ricerca, innovazione e cambiamento per la salute di domani.
“L’Italia è di fronte a un cambiamento demografico importante, con la crescita di popolazione con più di 65 anni e che presenta almeno una malattia. Stiamo arrivando a un nuovo paradigma in cui è fondamentale curare lo stile di vita, quindi alimentazione e movimento, ma anche integrare la vaccinazione come strumento preventivo e parte della terapia per pazienti con una o più patologie – commenta FABIO LANDAZABAL, presidente e AD Gsk Italia – Non c’è vera innovazione se questa non arriva al cittadino, quindi occorre potenziare la collaborazione pubblico-privato in modo trasparente. Il Pnrr è un’ opportunità per sviluppare il potenziale economico italiano di un vero e proprio piano Marshall per le scienze della vita”.
I programmi di immunizzazione “durante il corso della vita” sono una delle misure di maggior successo utilizzate per mantenere la salute pubblica, l’economia e la società. Dare priorità all’immunizzazione degli adulti potrebbe aiutare queste persone a vivere più pienamente, con il risultato di una forza lavoro più sana, di una riduzione della spesa sanitaria e di un miglioramento delle capacità, nonché di un aumento della produttività e del gettito fiscale. Che la prevenzione faccia bene non solo alla salute delle persone ma anche alle casse dello Stato lo testimoniano numerose analisi e ricerche.
Uno studio della Johns Hopkins University ha analizzato gli effetti degli investimenti in prevenzione sul contenimento della spesa sanitaria: per ogni dollaro speso in vaccini si risparmiano 16 dollari per le spese mediche e 28 dollari per costi indiretti legati alla produttività del lavoro, in totale 44 dollari.
Investire nell’immunizzazione degli adulti può generare un ritorno sull’investimento (ROI) compreso tra il 40% e il 300% dei costi sanitari e sociali.
Una recente ricerca di Altems, invece, ha considerato il numero di casi per influenza, malattia pneumococcica e herpes zoster nella popolazione italiana occupata, malattie oggi prevenibili grazie alla presenza di vaccini efficaci. L’impatto annuo complessivo è di circa 1,1 miliardi di euro, di cui 185 milioni relativi alla parte fiscale e 915 milioni a quella previdenziale. Lo studio, basato sul modello del ‘Fiscal Impact’, considera non solo i costi relativi alla perdita di produttività del lavoro, ma anche il calo dei consumi e la riduzione del gettito fiscale, considerando, di fatto, i trasferimenti di ricchezza tra tutti gli attori del sistema economico.
Tuttavia, quasi l’80% dei Paesi europei spende meno dello 0,5% della propria spesa sanitaria per i programmi di immunizzazione; escludendo i vaccini contro la Covid-19.
La spesa per vaccini è più che raddoppiata dal 2014 al 2022, passando da 4,79 a 10,84 euro pro capite. Nel 2022 si conferma un incremento della spesa per i vaccini, come già osservato nel 2021, con una variazione del 2,8%. Tuttavia, la spesa per la vaccinazione degli adulti rappresenta una parte minore della più ampia spesa farmaceutica per farmaci e vaccini. L’Italia investe lo 0,7% della spesa farmaceutica totale (20,5 mld nel 2022 secondo AIFA) nei vaccini per adulti ovvero circa 144 milioni di euro. Tale valore è pari solo al 9,8% dei casi potenziali evitati grazie alle vaccinazioni in età adulta e nei fragili.
La pandemia ha reso la comunità scientifica e gli addetti ai lavori maggiormente consapevoli dell’importanza della vaccinazione ad ogni età. Da un lato perché la stessa vaccinazione anti Covid ha dimostrato di poter ridurre drasticamente morti e ospedalizzazioni; dall’altro perché ha permesso di vedere come la fragilità di soggetti prevalentemente adulti come anziani avrebbe potuto essere ridotta se questi fossero stati vaccinati contro malattie prevenibili come influenza, polmonite pneumococcica e herpes zoster. La fragilità rispetto a malattia prevenibili significa andare incontro ad un maggior rischio di complicazioni per le malattie che già si ha e in generale verso un maggior rischio di ospedalizzazione e persino morte.
La prevenzione vaccinale deve diventare per tutto questo un obiettivo di salute pubblica e individuale per tutti i pazienti a rischio che ne possono beneficiare e attuare dei piani ben strutturati di prevenzione vaccinale per gli adulti alla stregua di quelli già ben orchestrati che vengono fatti per i bambini.
L’attenzione delle Istituzioni verso le problematiche degli anziani, della cura delle persone non autosufficienti e del contrasto alle cronicità è crescente. Nel marzo 2023 il Parlamento ha approvato definitivamente il disegno di legge che disciplina alcune deleghe al Governo in materia di politiche a favore della categoria degli anziani non autosufficienti e realizza quanto previsto da uno degli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). A beneficiarne saranno 14 milioni di over 65 in Italia. In particolare, il provvedimento tende a ridurre i cosiddetti ricoveri impropri, che costringono gli anziani a rimanere nelle strutture oltre il day hospital previsto perché impossibilitati ad avere assistenza a domicilio.
Attraverso le deleghe, che dovranno essere adottate entro il 1° marzo 2024, il provvedimento intende dare corso ad una riforma, in linea con il PNRR, che dovrebbe riordinare ma anche semplificare il sistema dell’assistenza alle persone anziane fragili e non autosufficienti, potenziandolo.
Due i cardini dai quali muove il DDL: da un lato, il riconoscimento del diritto della persona anziana alla continuità di vita e cure presso la propria casa, prevedendo quindi un rafforzamento dell’assistenza domiciliare, al fine di evitare l’istituzionalizzazione dell’anziano; e, dall’altro, il principio di semplificazione e integrazione delle procedure di valutazione della persona anziana non autosufficiente.
In questo quadro, nell’ottica di un investimento di salute pubblica teso ad assicurare una protezione e un miglioramento delle condizioni di vita delle persone anziane, la vaccinazione può svolgere un ruolo cruciale.
Mentre nella vaccinazione dell’adulto è facile individuare come fascia di principale rischio quella degli anziani, in quanto soggetti con il sistema immunitario indebolito dall’età e con potenziali malattie concomitanti sviluppate nel tempo, diventa importante ma più difficile individuare e instradare alla vaccinazione altre categorie di adulti che sono a notevole rischio se non protetti dalle attuali malattie prevenibili. E’ il caso ad esempio di pazienti oncologici, immunocompromessi, con patologie cardiovascolari, respiratorie o diabete, le cui condizioni e il controllo stesso della malattia possono peggiorare notevolmente se sviluppano malattie come influenza, polmonite pneumococcica, Herpes zoster e virus respiratorio sinciziale (RSV). Queste persone, pur potendo beneficiare di queste vaccinazioni attualmente disponibili o in arrivo sono più difficili da individuare e da avviare ad un intervento di protezione perché appartenenti a categorie di rischio e fasce di età non omogenee, oltre a essere seguite per le proprie necessità mediche in ambiti medici specialistici diversi, dove la priorità non viene data alla prevenzione.
“L’anziano è una risorsa, sia per le esperienze da trasferire alle nuove generazioni ma anche per l’impegno in attività sociali importanti nella società – conclude IGNAZIO ZULLO, X Commissione permanente “Affari sociali, Sanità, Lavoro pubblico e privato, Previdenza sociale”, Senato della Repubblica, presidente dell’intergruppo parlamentare sull’invecchiamento attivo – Dobbiamo potenziare la prevenzione ma anche investire sulla riabilitazione degli esiti, con un intervento legislativo per finanziare la prevenzione secondo le indicazioni del 6% del fondo sanitario nazionale, mentre oggi si spende il 3,5%. Le malattie degenerative e la perdita di autonomia nell’anziano richiedono quindi maggiore prevenzione e promozione della salute, per invecchiare in autosufficienza. Sul fronte del DDL anziani mancano i decreti attuativi e su questo si gioca l’architettura organizzativa su territori e sulle regioni, però sicuramente cambieremo il modo di stare accanto ai nostri anziani”.