Rappresenta circa il 3% di tutti i tumori diagnosticati. Nel 2020, in Italia sono state effettuate circa 25.500 nuove diagnosi di tumore alla vescica (20.500 uomini e 5.000 donne). La sopravvivenza a 5 anni è superiore all’80%, sia per gli uomini che per le donne, ma una percentuale tra il 30% e il 70% dei pazienti con cancro della vescica muscolo invasivo è soggetto a recidive. Come per tutte le forme tumorali, una diagnosi precoce e tempestiva è fondamentale per un intervento efficace che riduca il più possibile l’impatto della patologia sul paziente.
Il nuovo test – Introdotto in Italia per la prima volta nella pratica clinica all’Ospedale San Carlo di Nancy di Roma, è un nuovo metodo analitico di diagnosi del tumore alla vescica. Un semplice esame su un singolo campione di urina che si basa sulla rilevazione della proteina MCM5 prodotta dalle sole cellule tumorali. Gli studi hanno confermato che il nuovo test identifica la presenza di un tumore di alto grado nel 97% dei casi, un valore maggiore rispetto ai precedenti protocolli (citologia), la cui precisione è del 55% nei campioni analizzati. “Le informazioni raccolte permettono di valutare l’opzione diagnostica più indicata”, spiega il professor Pierluigi Bove, direttore dell’U.O.C. di Urologia dell’Ospedale San Carlo di Nancy, con all’attivo oltre 2.000 interventi all’anno di chirurgia urologica. “In caso di risultato negativo del test, il paziente potrebbe non aver bisogno di altri esami ed è pertanto rimandato a un controllo dopo 1-3 mesi. In caso di positività, saranno necessari ulteriori accertamenti e in particolare si procede con un esame endoscopico della vescica (cistoscopia). Stiamo anche valutando l’opportunità di eseguire questo test nel protocollo di follow-up dei pazienti con pregressa diagnosi di tumore vescicale. Ancor di più in questo caso, i pazienti potrebbero giovare del test astenendosi da ripetute cistoscopie spesso negative e pertanto non necessarie”.
L’importanza dei biomarcatori – “Ci occupiamo da molto tempo della diagnosi e del trattamento dei pazienti affetti da tumore alla vescica. Il nuovo test che abbiamo introdotto nella pratica clinica si è dimostrato efficace nel diagnosticare tumori della vescica di diverso grado e stadio”, continua il professor Bove. “Oggigiorno nella diagnosi dei tumori assumono sempre più importanza i cosiddetti biomarcatori e cioè indicatori biologici correlati a determinate patologie e rintracciabili nei secreti corporei. Il test consiste nel rintracciare la MCM5, una proteina presente in elevata quantità nelle urine di pazienti affetti da tumore della vescica. In virtù del buon valore predittivo di questo test, potremmo essere in grado di gestire meglio il successivo percorso diagnostico-terapeutico di questi pazienti, indirizzando a procedure più invasive solo in caso di positività del test”.
I limiti delle indagini abituali – In presenza di sintomi che possano far pensare a una neoplasia vescicale, in primis in presenza di sangue nelle urine (ematuria), minzione frequente, abbondante e dolorosa ecc., abitualmente si ricorre a indagini di primo livello, come l’ecografia e la citologia urinaria, un’analisi microscopica di un campione di urine raccolto in 3 giorni differenti. “La citologia urinaria”, conclude il professor Bove, “è un esame laborioso poiché richiede almeno 3 campioni di urine prelevati in momenti differenti, l’analisi del risultato è estremamente dipendente dall’operatore, la sensibilità del test risulta bassa soprattutto nelle forme meno aggressive di tumore e, infine, i risultati richiedono spesso settimane prima di essere interpretati. Tutti questi limiti sono potenzialmente superabili utilizzando il nuovo test. Questo esame, infatti, è più veloce, preciso e facile da realizzare perché non richiede la raccolta del campione in provette sterili. Inoltre ha una percentuale nettamente inferiore di falsi negativi rispetto all’esame citologico”.