Un impegno per la salute femminile, attraverso la strategia ESG (Environmental, Social, Governance) e un confronto con Istituzioni, stakeholder e comunità scientifica sulle priorità da affrontare nella fase di “nuova normalità” di coesistenza con il Coronavirus.
Tra le misure urgenti: favorire la salute sessuale e riproduttiva della donna, educando alla corretta pianificazione familiare e al tempestivo accesso ai percorsi di procreazione medicalmente assistita (PMA), ancora disomogenei a livello nazionale; migliorare l’aderenza terapeutica nella gestione delle malattie croniche introducendo la prospettiva di genere; introdurre meccanismi di procurement innovativo in grado di incentivare la diffusione dei farmaci biosimilari, per coniugare qualità delle cure e sostenibilità.
Questo, in sintesi, l’obiettivo del progetto Her Promise promosso da Organon per per invertire il declino demografico, migliorare la gestione della cronicità, favorire la prosperità del SSN.
Sfide che passano attraverso la Salute della Donna. Perchè avere a cuore il benessere femminile significa avere a cuore l’intera società civile incidendo positivamente sul tessuto sociale ed economico di un Paese. Dunque, ecco le priorità:
- invertire la rotta nel calo delle nascite, che sta mettendo in crisi l’equilibrio generazionale e che nel 2022 sta registrando un nuovo record negativo con soli 385.000 nuovi nati;
- affrontare l’impatto crescente delle malattie croniche non trasmissibili, che interessano 24 milioni di italiani e assorbono circa l’80% del Fondo Sanitario Nazionale con una particolare attenzione alla prospettiva di genere, perché la donna arriva più tardi alla diagnosi ed è meno aderente alla cura;
- assicurare l’accesso alle terapie in grado di coniugare qualità e costi sostenibili, come nel caso dei farmaci biosimilari.
In pratica, questo progetto propone una strategia finalizzata a sostenere le donne e le ragazze di tutto il mondo nelle loro aspirazioni di benessere e mettere a disposizione una proposta di valore innovativa a tutela della loro salute e in coerenza con gli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’ONU.
Sul fronte della salute femminile, il tema della natalità e della fertilità è tra quelli che hanno le maggiori ricadute a livello socio-economico. Il trend di continua decrescita demografica potrebbe determinare nel 2070 un’importante diminuzione del 32% del PIL. L’emergenza Covid, che ha indotto circa due coppie su tre a rinviare il progetto di una gravidanza o addirittura a rinunciarvi (Osservatorio Giovani), ha acuito il problema, innescato da fattori di lungo periodo: la mancanza di una corretta pianificazione familiare, la scarsa informazione sulla contraccezione e le difficoltà legate all’accesso tempestivo ai percorsi di fertilità e di procreazione medicalmente assistita (PMA).
I dati di una recente analisi denominata NERAD dicono che nel nostro Paese una gravidanza su 4 non è pianificata e il 50% di queste esita in un’interruzione volontaria di gravidanza, con effetti importanti sulla salute psicofisica della donna. Pesano soprattutto la carenza di informazioni sulle possibili scelte contraccettive e la quasi totale assenza di programmi educazionali sull’argomento che limita l’accesso alla contraccezione e il suo uso consapevole, mentre è in aumento l’impiego della contraccezione d’emergenza che già nel 2018 ha portato 548.684 donne a farne uso. L’Italia – come rivela l’ultimo Atlante Europeo della Contraccezione redatto dall’European Parliamentary Forum for Sexual & Reproductive Rights (EPF) – è al 22° posto in Europa per accesso e informazione alla contraccezione.
Un’altra ricerca, Lo stato dell’arte e i bisogni di formazione e informazione delle donne italiane in area contraccezione – condotta da DoxaPharma su un campione di 1.000 donne italiane tra i 18 e i 40 anni e presentata nel corso dell’evento – una donna italiana in età fertile su tre non ha mai chiesto al proprio ginecologo informazioni sulla contraccezione, mentre il 48% si è informata attraverso Internet.
La conseguenza è che le donne si affidano soprattutto alle opzioni a loro note (pillola ormonale e preservativo), mentre è ancora limitata la conoscenza dei metodi contraccettivi non giornalieri che possono favorire la compliance della donna alla terapia come ad esempio i contraccettivi reversibili a lunga durata d’azione (LARCs): quasi la metà delle donne è poco o per nulla informata sull’anello vaginale a durata mensile e sul cerotto e solo il 25% conosce l’impianto a lunga durata nel braccio.
Lo scarso ricorso alle tecniche che favoriscono la fertilità è l’altra faccia del percorso a ostacoli verso un’adeguata pianificazione familiare, che penalizza le donne nelle loro scelte di vita: 1/3 dei trattamenti di PMA è eseguito in coppie in cui il partner femminile ha più di 40 anni, diminuendo notevolmente il tasso di successo dei trattamenti, che passa dal 21,6% per le pazienti con meno di 35 anni al 4,1% per quelle con più di 43 anni. Riguardo all’accesso alla PMA, esistono forti disomogeneità a livello regionale, con una diversa distribuzione dei Centri pubblici e privati convenzionati dal Nord al Sud, lunghe liste di attesa, ostacoli burocratici. Un impulso verso la diffusione dei percorsi di PMA potrebbe arrivare, oltre che da campagne di sensibilizzazione sul tema della fertilità e delle tecniche di PMA, anche dall’approvazione definitiva del Decreto interministeriale che rende uniformi le tariffe per le prestazioni di PMA sull’intero territorio nazionale.
Questi temi sono stati oggetto del confronto tra rappresentanti del mondo della sanità, delle Istituzioni, delle Associazioni, nell’ambito del progetto Camerae Sanitatis, il format promosso dall’Intergruppo parlamentare Scienza & Salute e Sics-Società Italiana di Comunicazione Scientifica e Sanitaria, con il contributo incondizionato di Organon Italia, dal quale sono scaturite delle Raccomandazioni per identificare le azioni più utili e urgenti atte a promuovere il rilancio della natalità in Italia.
Insieme alla diminuzione della natalità, l’invecchiamento della popolazione è il fattore che disegna quella “piramide rovesciata” caratterizzata dalla prevalenza nella popolazione di persone in età avanzata (in Italia un quinto della popolazione è over 65). Una delle maggiori conseguenze è il crescente impatto delle malattie croniche non trasmissibili – come patologie cardiovascolari, dislipidemie, patologie respiratorie, malattie della pelle, osteoporosi, malattie osteoarticolari ed emicrania – responsabili del 93,3% dei decessi.
Tra le persone di 55 anni, un individuo su due soffre di almeno una patologia cronica, mentre nella popolazione over 75 l’incidenza aumenta: a convivere con una patologia cronica in questa fascia d’età sono 9 persone su 10.Tra le malattie croniche non trasmissibili le malattie cardiovascolari sono quelle che hanno il maggiore impatto in termini di letalità, con circa 18 milioni di decessi l’anno a livello globale.
In questa prospettiva Organon supporta lo studio WECARE (Women Effective CArdiovascular Risk Evaluation): un’analisi di Health Technology Assessment (HTA) che ha coinvolto circa 850.000 pazienti con l’obiettivo di rilevare potenziali differenze di trattamento esistenti tra pazienti di sesso maschile e femminile affetti da dislipidemie e dalla quale emergono importanti aspetti sui quali intervenire, come la minore aderenza terapeutica delle donne rispetto agli uomini nelle terapie ipolipemizzanti.
Al tema della cronicità si associa quello della sostenibilità, per garantire cure di qualità a tutti i pazienti che ne hanno bisogno e al tempo stesso ridurre gli oneri finanziari a carico della sanità pubblica. Una delle possibili risposte è offerta dai farmaci biosimilari, farmaci biologici assolutamente comparabili ai farmaci originator in termini di qualità, sicurezza ed efficacia, ma a costi minori.
Per indagare i fattori che possono determinare un “ambiente” normativo sostenibile e favorevole allo sviluppo dei biosimilari, Organon ha sostenuto la realizzazione del report Unlocking the Potential of Biosimilars, un’analisi che mette a fuoco l’attuale panorama delle politiche sanitarie sui biosimilari in 17 Paesi, facendo emergere, per ciascun Paese, i fattori che determinano il successo, l’inefficienza e le aree di rischio, per arrivare a definire un toolkit “ideale” di raccomandazioni per garantire una sostenibilità a lungo termine.
Per quanto riguarda la situazione in Italia, oltre ad aspetti positivi come gli standard di produzione, rigorosamente simili a quelli di tutti gli altri farmaci e le procedure semplificate di approvazione, che velocizzano l’accesso dei biosimilari, sono emerse criticità come quelle legate alla scelta di aggiudicare le gare esclusivamente sulla base del prezzo, indirizzo che non tiene conto dell’approccio HTA (ad es. rapporto costo-efficacia, introduzione di criteri di qualità) e innesca di fatto una corsa all’abbattimento dei prezzi di acquisto dei biosimilari, che potrebbe disincentivare le aziende a renderli sempre più disponibili.