Il carcinoma mammario è la neoplasia femminile a più elevata incidenza (circa 50.000 nuovi casi all’anno nel nostro Paese), il tasso di curabilità è molto elevato grazie alla possibilità di applicare farmaci molto attivi in fase precoce, ma una parte delle pazienti va incontro alla metastatizzazione e ha bisogno di terapie utili al controllo della malattia in fase avanzata.
La maggior parte delle pazienti con tumore mammario HER2+ non metastatico guarisce definitivamente; tuttavia, dall’indagine dei risultati delle sperimentazioni cliniche, effettuate dalla consensus conference della FONDAZIONE PERIPLO, si evince come circa il 10% sviluppa una recidiva entro i primi 6 anni dalla diagnosi (con comparsa spesso di metastasi a distanza) nonostante l’uso delle più appropriate terapie.
“La constatazione di questi risultati ha spinto un gruppo di ricercatori e clinici esperti in tumore della mammella a confrontarsi per discutere sul da farsi, sotto l’egida della FONDAZIONE PERIPLO. Nelle riunioni abbiamo esplorato quale potesse essere il bisogno insoddisfatto di queste pazienti e cercato poi un consenso su un’area non ancora coperta dai risultati della ricerca. Poiché la popolazione delle pazienti è molto eterogenea, si è dovuto trovare – attraverso una revisione sistematica della amplissima letteratura – quali fattori mettessero la paziente a rischio di avere una recidiva nonostante i trattamenti ad oggi disponibili superiore al 10% entro i primi 6 anni dalla diagnosi: rischio considerato inaccettabile comportando la metastatizzazione a distanza (ed in alcuni casi al sistema nervoso)” Paolo Pronzato, Direttore UO Oncologia Medica 2, IRCCS Ospedale Policlinico San Martino Genova, Coordinatore Rete Oncologica Liguria.
“Sono stati identificati tre gruppi di pazienti che ricadono in questa casistica: le pazienti con carcinoma mammario HER2+ con linfonodi positivi che ricevono terapia post-operatoria con Pertuzumab in aggiunta a trastuzumab, sebbene con un rischio modulato a seconda del numero di linfonodi coinvolti; le pazienti con carcinoma mammario HER2+, che trattati con chemioterapia e trattamento anti-HER2 pre-operatori, presentino residuo di malattia alla chirurgia; anche se trattati con T-DM1 dopo intervento chirurgico e le pazienti con carcinoma mammario HER2 che abbiano raggiunto una risposta patologica completa dopo trattamento con chemioterapia e terapia anti HER2 in fase pre-operatoria, ma che avessero un tumore iniziale di 5cm o superiore o linfonodi positivi prima di iniziare qualsiasi terapia. Per queste pazienti bisogna puntare ad un potenziamento della terapia – aggiunge Pronzato . Certamente bisogna continuare nella ricerca clinica con l’offerta del reclutamento in trial clinici scientificamente ed eticamente impeccabili, ma non bisogna dimenticare l’uso di farmaci non ancora rimborsati in Italia ma già ora disponibili attraverso fornitura in uso nominale o in altre indicazioni sul mercato italiano, perché sono anche questo un modo per prevenire la diffusione della malattia”-
“La diagnosi precoce e lo screening sono fondamentali per aumentare le probabilità di guarigione e diminuire l’aggressività delle terapie per le pazienti con carcinoma mammario. Alcuni tipi di carcinoma mammario, tra cui i tumori HER2 +, hanno però caratteristiche di crescita e di aggressività tali per cui un ruolo prevalente lo giocano le terapie mediche mirate. Fortunatamente negli ultimi anni lo sviluppo di farmaci antiHER2 è stato talmente rapido ed efficace che oggi la diagnosi di tumore mammario HER2+ si accompagna ad una prognosi molto favorevole e la maggioranza delle pazienti guarisce grazie alle terapie mediche – spiega Pierfranco Conte, Presidente Fondazione Periplo, Coordinatore Rete Oncologica Veneta, Direttore Scientifico ospedale San Camillo IRCCS – Paradossalmente però, proprio l’efficacia e la varietà delle terapie disponibili, pone gli oncologi di fronte a scelte più complesse quali ad esempio quando privilegiare una terapia medica iniziale (terapia neoadiuvante) seguita da chirurgia , rispetto alla chirurgia seguita da terapia medica oppure quale terapia antiHER2 utilizzare senza correre il rischio di sovra o sotto trattare qualche paziente. Difficoltà analoghe le affrontano l’industria farmaceutica e le autorità regolatorie che hanno sempre più difficoltà ad individuare quali pazienti hanno ancora un bisogno clinico insoddisfatto e quindi necessitano di terapie ulteriori. E’ per questo che la Fondazione Periplo ha istituito un gruppo di lavoro composto da clinici, ricercatori, metodologi con l’obiettivo di stimare quali/quanti pazienti con tumore mammario HER2+ presenta un rischio di recidiva residuo, dopo avere ricevuto i trattamenti standard, sufficientemente elevato da giustificare l’utilizzo di nuove terapie”,
“Le donne oggi si informano e grazie ai mezzi di comunicazione, social compresi, vengono rapidamente a conoscenza delle novità terapeutiche», sottolinea Rosanna D’Antona, Presidente di Europa Donna Italia. «Ma spesso, quando si confrontano con l’oncologo, scoprono l’esistenza di freni che ne rendono impossibile l’applicabilità nella pratica clinica. La nostra associazione si sta fortemente impegnando affinché questo non accada più” – puntualizza Rosanna D’Antona, Presidente Associazione Europa Donna “È necessario, innanzitutto, dotare gli anatomopatologi che operano nelle Breast Unit di tutti gli strumenti necessari affinché possano definire l’identikit del tumore, nell’ottica della medicina personalizzata e nell’ambito del panel multidisciplinare del Centro dedicato. È fondamentale, inoltre, che le donne abbiano tempestivamente accesso ai farmaci innovativi che hanno avuto un buon riscontro negli studi clinici e che gli iter approvativi a volte troppo lunghi nella nostra AIFA vengano accelerati, cosa che è fattibile, come abbiamo colto tutti nel corso soprattutto della prima ondata di Covid-19”.