È il solito copione, che si ripete, immancabilmente, ogni anno. Dopo gli eccessi invernali, con l’avvicinarsi della bella stagione si ripropone “l’incubo peso forma”! Quei chili di troppo stanno lì a ricordarci che la linea non è più quella di un tempo, che la lampo dei jeans fatica a chiudersi, che quel tubino che tanto amiamo mette in evidenza solo antiestetici rotolini di grasso… E, allora, diventa improrogabile un repentino ‘dietrofront’ che si traduce in un solo grido: ‘a dieta’.
“È il classico ‘buon proposito’ che viene talvolta messo in pratica con un pericolo fai-da-te che non tiene conto delle conseguenze sulla salute. Una dieta troppo ferrea, anche per periodi medio-lunghi, può mettere a rischio la salute delle ossa”, sostiene categoricamente il Professor Andrea Giustina, Ordinario di Endocrinologia all’Università degli Studi di Brescia e Presidente del Gioseg, il gruppo di lavoro di Specialisti Endocrinologi che si dedicano allo studio dello scheletro. “Parte del meccanismo riconosce diversi fattori: pochi sanno ad esempio che la sintesi di osso nuovo viene stimolata da uno impulso meccanico da parte dei muscoli e che quindi la perdita di massa muscolare diminuisce questa sollecitazione. Inoltre il grasso è correlato a due importanti ormoni chiamati ‘adipochine’, produce la leptina che sembra abbia un’azione positiva sullo scheletro, ed è invece inversamente proporzionale all’adiponectina, che quando il grasso diminuisce stimola le cellule ossee a riassorbire l’osso riducendone la massa. Infine, l’effetto della dieta sulla produzione di ormoni sessuali, gli estrogeni, che in entrambi i sessi sono importanti per la buona salute delle ossa”.
Cosa si intende per ‘dieta rigida’? “In realtà”, sottolinea Giustina, “basta un calo ponderale del 10% per osservare una riduzione del 2% nella massa ossea. Se una donna alta 160 cm da 60 chili raggiunge i 54, già notiamo una alterazione in senso negativo sul metabolismo scheletrico. Stessa cosa per un uomo di 90 chili che raggiunga un peso di 81”.
Insomma, se un giusto peso e una restrizione calorica sono dei fattori generalmente positivi per la salute, nel caso delle ossa il discorso cambia: le donne alte e magre (anche se non magrissime), con un BMI inferiore a 19/20 sono sin da giovani a rischio ‘osteopenìa’ e con il passare degli anni la situazione non migliora.
Osteoporosi e chirurgia bariatrica – Piuttosto diffusa tra le donne, l’osteoporosi è una condizione di perdita di massa ossea, diminuzione della quantità di tessuto osseo e conseguente fragilità con aumento del rischio di fratture. Una condizione asintomatica sino all’evento traumatico anche minimo che determina una frattura. Allo stesso modo il problema interessa maschi e femmine anziane, specialmente se obesi e sovrappeso che si sottopongono a una dieta: la perdita di peso si correla a una aumentata incidenza di fratture del femore. Ed è un problema noto nei soggetti che si sottopongono a interventi di chirurgia bariatrica. Studi prospettici hanno dimostrato che dopo la chirurgia e in particolare dopo la tecnica di bypass gastrico si verificano perdite di massa ossea superiori al 5%, sia a livello vertebrale che femorale. Gli effetti della chirurgia bariatrica non sono negativi solo per la rapidità e l’entità del calo ponderale ma anche perché soprattutto questo intervento induce modificazioni negli ormoni gastrointestinali (come il peptide YY) e determina malassorbimento di vari micro nutrienti come il calcio. Trattandosi di un intervento che può salvare la vita delle persone, anche giovani adulti, è opportuno prevedere delle strategie accurate di supplementazione, monitoraggio periodico e una consulenza endocrinologica post intervento per valutare tutti i fattori di rischio e instaurare forme di prevenzione secondaria. Il pericolo è altrimenti di aumentare la sopravvivenza ma di peggiorare i rischi di determinare fratture vertebrali anche in presenza di traumi minimi.